Diretto dal regista e sceneggiatore russo Aleksej German Jr, il film Dovlatov – i Libri invisibili , sarà presentato in anteprima nazionale al 36° Torino Film Festival e verrà distribuito in Italia da Satine Film a partire dalla prossima primavera.
Il regista Aleksej German Jr, già Orso d’Argento per il film Under Electric Clouds e Leone d’Argento per Paper Soldier, con questo film ha deciso di rivolgere lo sguardo alla sua città, la Leningrado degli anni ‘70 per raccontare la vita dei giovani scrittori sovietici che, come Sergej Dovlatov e Joseph Brodskij, erano oppressi dal regime dell’epoca.
Dovlatov è considerato un’icona della letteratura russa del ‘900, una persona straordinaria con un sottile humor e un grande talento che ha catturato l’attenzione del regista Aleksej German Jr, suo fan fin dall’adolescenza. Il regista ha dichiarato di aver avuto sempre in mente l’idea di fare un film su Dovlatov e di esserci riuscito a distanza di molti anni dopo aver macinato gran parte delle sue opere per tutto il periodo dell’adolescenza. Attraverso interviste e incontri con amici e parenti di Dovlatov, il regista Aleksej German Jr è riuscito a ricostruire la personalità dello scrittore e la visione che questo aveva del mondo dell’epoca.
La sfida maggiore per il regista è stato trovare un attore che ne esprimesse il fascino e prestanza fisica; Dovlatov aveva radici ebraiche ed armene che gli conferivano un aspetto molto particolare, tenebroso e al tempo stesso affascinante, sembrava un divo del cinema. Milan Marić è stata una scelta felicissima.
Il film racconta un periodo breve e preciso della vita di Sergej Dovlatov e che fa riferimento ad eventi legati al suo matrimonio e al tentativo di pubblicazione delle sue opere. In quel periodo, insieme al suo amico Brodskij, Dovlatov lottava per preservare il proprio talento e la propria integrità in un contesto culturale e sociale dove gli artisti venivano schiacciati dalla macchina oppressiva dello Stato. Il film coglie il fermento artistico degli scrittori che godevano degli echi di libertà del periodo precedente (il cosiddetto “disgelo”) e che consentiva ancora momenti di vivacità e fermento intellettuale. L’intento del regista è stato quello di sottolineare come il clima politico opprimesse lo slancio espressivo degli artisti e come Dovlatov avesse cercato, con la sua umanità e razionalità di rimanere fedele a se stesso, arrivando a prendere posizioni nette e impopolari agli occhi dello Stato.