Toni Servillo ha scelto il Trianon Viviani, il teatro pubblico di Forcella, per continuare il suo viaggio tra «i mille volti e le mille contraddizioni di Napoli».
Nel recente impegno al san Carlo con Eternapoli – l’opera di Fabio Vacchi su testo di Giuseppe Montesano – il protagonista del film premio Oscar “La grande bellezza” ha letto Napoli in una possibile dimensione paradossale che potrebbe vederla s/venduta come un parco tematico. Ora, quasi a voler scongiurare ulteriormente questa prospettiva, nel teatro del popolo di Forcella Servillo intraprende un viaggio in questa “città dai mille volti e dalle mille contraddizioni nella quale da sempre convivono vitalità e disperazione, divisa fra l’estrema vitalità e lo smarrimento più profondo, una città di cui la lingua è il più antico segno, forgiato dal tempo e dalle contaminazioni“.
In questo spettacolo dedicato alla cultura partenopea, l’attore si immerge nella sostanza verbale di poeti e scrittori che di Napoli hanno conosciuto bene la carne e il cuore. Tra pulsioni e pratiche, carne e sangue, Servillo sostiene la necessità perentoria di non rinunciare a una identità sedimentata da quattro secoli di letteratura. Accanto a poemetti ormai considerati fra i grandi classici del Novecento come Lassamme fa’ a Dio di Salvatore di Giacomo e Vincenzo De Pretore di Eduardo De Filippo, ci sono due liriche di Ferdinando Russo, ‘A Madonna d’‘e mandarine e ‘E sfogliatelle, nonché l’attualissima Fravecature di Raffaele Viviani.
Servillo dà poi voce alla sanguigna e veemente invettiva de ‘A sciaveca di Mimmo Borrelli e alla lingua contemporanea, colta e allusiva di Litoranea di Enzo Moscato, tagliente riflessione sulle contraddizioni e sul degrado di Napoli, che, nel 1991, costituiva il finale di Rasoi, spettacolo-manifesto di Teatri uniti. Composte per la circostanza sono ‘O vecchio sott’‘o ponte di Maurizio De Giovanni, a raccontare l’inumano dolore per la perdita di un figlio, e Sogno napoletano di Giuseppe Montesano, in cui, dichiarata la dimensione onirica, l’apocalisse lascia il passo a un salvifico, auspicato, risveglio delle coscienze. Entrambe si infrangono nella successiva sequenza, aspra e feroce, di Napule, crudo ritratto della città scritto da Mimmo Borrelli.
“I testi che ho scelto – spiega Servillo – fanno emergere una lingua viva nel tempo, materna ed esperienziale, che fa diventare le battute espressione, gesto, corpo. Poeti e scrittori, testimoni della città nel passato e nel presente, offrono attraverso emblematici scritti il quadro sintetico di una realtà impietosa ai limiti del paradosso… Oltre la lingua il filo rosso che attraversa e unisce la serata è il rapporto speciale, caratteristico di tantissima letteratura napoletana, con la morte e con l’aldilà, il commercio intenso e frequente con le anime dei defunti, i santi del paradiso e Dio stesso“.