La mostra personale di Tomoko Nagao (Nagoya, 1976), esposta dal 27 settembre al 27 ottobre 2018 presso la galleria Deodato Arte di Milano nella sede di via Nerino, è incentrata sulla recente spettacolare e inedita produzione dell’artista giapponese che da anni contamina la grande arte occidentale con i miti della cultura manga nel solco della tendenza micro-Pop.
Il nuovo ciclo presentato in quest’occasione è quello dei Flowers, la recente produzione in vettoriale che rappresenta una rievocazione in chiave Pop dei classici vasi di fiori fiamminghi, tratti in particolare da Jan Brueghel: lo splendore delle varietà floreali, la magnificenza dei colori sono tradotti in superficie attraverso singolare rielaborazione digitale. I fiori hana rappresentano uno dei punti cardine dell’ideale di bellezza effimera dell’estetica della cultura Giapponese, già introdotti in chiave ultra-pop da Takashi Murakami che ha utilizzato il soggetto floreale in modo seriale, tra opere uniche, stampe e capsule-collection, proposti con la faccina da “emoticon” come liaison tra l’immaginario pop occidentale e orientale.
Nell’interpretazione di Tomoko, il tema è legato alla vanitas e rappresenta l’ennesima riflessione attorno al motivo della morte attraverso il suo opposto, la vita. La scelta di questa singolare iconografia da parte dell’artista risponde al medesimo criterio che in passato l’ha avvicinata al particolare della mela bacata di Caravaggio, all’immagine di Narciso che si specchia, o alla Medusa dalla testa insanguinata, rappresentando una sorta di felice ossessione.
Un’attenta lettura dei temi scelti da Tomoko individua la ricorrenza di figure femminili sottilmente erotiche o miti della bellezza occidentale, tradotte nell’estetica kawaii (carino, leggero): donne, come Salomè, che l’artista intende riabilitare come icone eroiche di una femminilità sempre soggetta alla violenza stereotipata della cultura dell’occhio maschile, da cui intendono liberarsi e irrompere come protagoniste. Ne consegue un ulteriore e più intimo senso dell’operare, che è connesso alla propria esperienza di donna artista nel mondo dell’arte, con le difficoltà e le ambiguità che la vicenda creativa comporta, ma intende allargarsi alla condizione femminile giapponese contemporanea, sempre più fragile e tuttavia abile a celare il dramma più sofferto dietro un’icona felice e spensierata.
Negli spazi della galleria Deodato sono allestiti altri nuovi cicli di Tomoko, tutti del 2018: si tratta di stencil che rappresentano una variante della precedente produzione su materiali particolarmente iridescenti e riflettenti, in grado di rendere l’icona sempre più leggera nel trasferimento dal digitale alla superficie trasparente. La tecnica dello stencil, nota al mondo dell’arte grazie ai linguaggi della street art (da Banksy in poi) è riproposta e sperimentata su materiali cangianti che vanno oltre il semplice cambio di supporto e diventano un importante display tecnico e tecnologico.
Una sezione è dedicata ai recenti quadri a olio dal soggetto della Gioconda, che riflettono la progressiva maturazione dell’artista nella sua produzione dell’olio su tela. L’immagine è sempre più “corrotta” dallo sfondo che avanza, come se l’icona si facesse inconsistente e trasparente in rapporto allo spazio pittorico, alla pennellata, che diviene protagonista. Il digitale, il vettoriale, con la sua inconfondibile perfezione grafica, viene progressivamente invaso da un magma pittorico nuovo.
L’arte di Tomoko, aderisce all’esperienza culturale Superflat, capace di elaborare dei dispositivi a lettura stratificata, apparentemente banali, basati sull’icona e sulla sua ripetizione “differente” dell’immagine tratta dall’antico, declinata in mille varianti. Nelle sue opere assistiamo all’innesto della tradizione giapponese delle anime nei miti della cultura occidentale, italiana in particolare, già peraltro setacciati dalla lunga esperienza Pop degli anni settanta e rivisitati dalle tendenze postmoderne degli anni Ottanta a cui esplicitamente Tomoko si ricollega: Caravaggio, Leonardo da Vinci, Botticelli, Tiziano, Velasquez, la scuola di Fontainebleau, Delacroix. In questa contaminazione e rilettura del passato come presente, trovano protagonismo qualificato anche le icone dei brand più famosi, introdotte con gusto tra l’ironia e la satira, che diventano emblema del contemporaneo e della società dell’economia globale e dei consumi di massa.