“I servizi per l’infanzia non sono fatti letterari o semplicemente pedagogici; sono prima di tutto atti e realizzazioni che sfidano ogni giorno la qualità e i significati delle vicende politiche per ritrovare dentro a queste l’identità del possibile e dell’impossibile”. Le parole del grande pedagogista italiano Loris Malaguzzi sintetizzano perfettamente lo spirito delle due intense giornate di dibattito e confronto svoltesi a Napoli presso la fondazione Foqus presieduta da Rachele Furfaro e alle quali hanno preso parte le principali realtà del panorama scolastico italiano, da Indire a Invalsi, nonché alcuni rappresentanti delle Istituzioni come Fabrizio Barca del M.e.f.
La realtà scolastica italiana è in fermento e non è certo una novità. La sensazione è quella che ci sia una scuola fatta per gli insegnanti e non per gli studenti, come ha sostenuto Franco Lorenzoni che da anni coordina ad Amelia la Casa Laboratorio di Cenci, rinomato centro di sperimentazione educativa che approfondisce temi ecologici, scientifici, interculturali e di inclusione.
Per Giovanni Biondi di Indire, l’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa, è giunta la necessità di scardinare l’assetto didattico che, basandosi esclusivamente sulla modalità narrativa di linguaggio, quella cioè di raccontare le materie, non riesce a coinvolgere i ragazzi in un adeguato processo di apprendimento. Occorre altresì riformulare tempi ed assetto organizzativo della didattica, dando vita ad un modello flessibile a misura degli alunni.
Ben consapevole del valore delle esperienze è Fabrizio Barca, in veste di rappresentante del Ministero dell’Economia e Finanze, secondo il quale solo attraverso un costruttivo confronto tra Stato e mondo scolastico si può incollare una realtà, quella dell’istruzione, che negli ultimi anni è disunita e frammentata. “L’struzione è come la fertilità: la voglia di procreare e di istruire sono collettive e gli effetti delle tendenze arrivano sempre 30-40 giorni dopo. Oggi stiamo costruendo il nostro futuro: per questo l’iniziativa di questa due giorni a Napoli che ha visto un vivace confronto tra le grandi realtà dell’universo scolastico nazionale, è importante”.
Il Think tank, il cui nome evoca le storiche unità speciali belliche americane degli anni ‘40, non ha nulla a che vedere con conflitti e piani bellici. E’ infatti soltanto il documento il cui atto costitutivo verrà firmato in questi giorni e che è frutto di queste vivaci riflessioni sul mondo della scuola. Una metafora forte, quella del think tank, dell’azione che mette in pratica il pensiero, con l’intento di porre le basi di un cambiamento positivo tanto per l’istruzione che per la futura società. “Oggi ci siamo assunti una doppia responsabilità, quella di riappriopriarci dell’idea di parlare di pedagogia e quella di valorizzare le esperienze, facendole diventare strutturali. Vogliamo una scuola per tutti, che includa e non escluda e dei nidi che rientrino nei servizi educativi e non in quelli assistenziali. L’attenzione che dobbiamo porre a zone come i Quartieri spagnoli o molte altre zone del Meridione, deve essere altissima. Solo una scuola cooperativa può essere scuola di qualità. Questo think tank vuole essere un luogo di confronto, riflessione, un incontro di esperienze diverse. Con l’obiettivo di poter influenzare le politiche pubbliche” ha detto Rachele Furfaro.
E nell’ottica di crescita e sviluppo, aggiungiamo, un’efficiente gestione pubblica dei fondi comunitari e un’oculata politica economica che eviti di sistemare i conti pubblici con tagli spregiudicati all’istruzione, come più volte è accaduto, sono più che mai necessari per il rilancio del Bel Paese nell’Europa che conta.