Collocato in una posizione isolata e difficilmente inquadrabile in una sola tendenza degli anni Sessanta – Settanta, il lavoro di Laura Grisi appare oggi come uno dei casi più originali e personali di arte concettuale (sensoriale e mentale allo stesso tempo) e di pensiero diagrammatico, in cui la stessa riflessione prende forma sia attraverso icone che attraverso rappresentazioni visive.
All’interno di un’attività multiforme che assume quale propria basilare condizione quella del “viaggio” (dai luoghi remoti attraversati alla varietà dei media utilizzati), Laura Grisi incarna una sorta di soggetto femminile apolide e nomade che sfida le politiche dell’identità, l’univocità della rappresentazione e l’unidirezionalità del tempo.
Nata a Rodi, in Grecia, nel 1939, formatasi a Parigi e vissuta tra Roma e New York, Laura Grisi trascorre lunghi periodi della propria vita in Africa, Sud America e Polinesia: un’esperienza nelle culture extra-occidentali destinata a segnare per sempre la sua pratica, sempre più focalizzata sulla ricerca di un pensiero cosmico o una ‘scienza del concreto’ – come avrebbe detto Lévi-Strauss. Allo stesso modo, pur facendo della fotografia il linguaggio primario della propria ricerca, in seguito passa a una pittura definita “variabile” (con pannelli scorrevoli e tubi di neon), poi a delle installazioni ambientali dinamiche in cui riproduce artificialmente fenomeni naturali, fino ad approdare a una forma verbale descrittiva e al linguaggio matematico come strumento concettuale che impiega per esplorare i meccanismi della percezione e della conoscenza umana.
L’intero lavoro di Laura Grisi è uno sforzo titanico nel rendere conto dell’ampiezza, della molteplicità, della natura impercettibile così come della proliferazione senza fine di tutto il possibile, ma partendo da vincoli precisi, da gap paradossali, da limiti linguistici e semiotici, secondo un’attitudine vicina al Noveau Roman, al cinema della Nouvelle Vague e al gruppo francese Oulipo.
La tensione tra macro e microscala, tra i dati e il possibile, (la legge e il caso, l’universale e il particolare, il passato e il futuro) è messa in scena ogni volta attraverso una radicale politica dell’attenzione rivolta al minimo, al marginale, al grado zero: quattro ciottoli, il suono delle gocce d’acqua, il colore delle foglie di mango, la direzione del vento, il passaggio percettivo tra le sensazioni, i rumori prodotti dallo spostamento delle formiche sul terreno. Tale attenzione estrema è sempre l’oggetto di un rituale antropologico di cui ci sfuggono le coordinate culturali: contare granelli di sabbia, misurare la forza del vento, distillare percezioni sensoriali, rifotografare fotografie, permutare cose e oggetti, ascoltare l’inudibile. Come se l’incommensurabile fosse sempre il dato ultimo (l’esito imprevisto) di un infaticabile processo di misurazione, come se i segni e i linguaggi fossero il limite iniziale del possibile. “Il suo lavoro – come scrisse Lucy Lippard nel 1979 – sta in equilibrio tra le alternative possibili e la mancanza di alternative. Di solito sceglie il sistema permutazionale e poi accetta le sue conseguenze”.
La mostra The Measuring of Time, concepita per Muzeum Susch, è la prima ampia retrospettiva museale dedicata all’artista scomparsa nel 2017. Il titolo dell’esposizione è tratto da un film in 16mm che documenta l’artista sola su una spiaggia e impegnata in un’impresa degna di Sisifo, che apparentemente non ha fine, oltre il tempo. Insieme all’esposizione di importanti opere dagli anni Sessanta agli anni Ottanta (conservate in istituzioni pubbliche e collezioni private) e alla presentazione di documenti fondamentali della ricerca e dei viaggi dell’artista, la mostra sarà l’occasione per ricostruire i nove ambienti dedicati ai fenomeni naturali (sala della nebbia, sala della pioggia, del vento, ecc. ) e mai riallestiti dalla fine degli anni Sessanta e inizio anni Settanta, quando furono presentati per la prima volta.
La mostra sarà accompagnata da una pubblicazione sul lavoro di Laura Grisi edita da jrp|editions e sviluppata grazie alla collaborazione tra jrp|editions, Muzeum Susch e la galleria P420.
La prima monografia completa dedicata a Laura Grisi testimonia la singolarità e la visione innovativa dell’artista italiana all’interno della storia dell’arte contemporanea e raccoglie un’ampia documentazione sulla sua multiforme pratica, sulla sua ricerca e sui suoi numerosi viaggi, concentrandosi principalmente attorno agli anni ’60 -’70.
La pubblicazione comprende saggi, tra gli altri, del critico e curatore italiano Marco Scotini, della storica dell’arte francese Valérie Da Costa, dello scrittore e critico Martin Herbert e della Professoressa di Studi Visivi e Ambientali dell’Università di Harvard Giuliana Bruno, oltre alla ristampa di una seminale intervista a Laura Grisi realizzata da Germano Celant nel 1990.