Terremoto l’Aquila 2009: fa discutere l’ultima sentenza della Corte d’Appello al processo per il crollo della Casa dello Studente. Il collegio giudicante ha respinto il ricorso delle parti civili confermando la sentenza di primo grado. I querelanti dovranno anche pagare le spese processuali. Ripercorriamo per sommi capi la vicenda giudiziaria.
Terremoto l’Aquila: la Casa dello Studente
La Casa dello Studente, la palazzina sita in via Gabriele D’Annunzio 14 a L’Aquila, fu uno degli edifici che crollò per effetto del terremoto del 2009 nella notte del 6 aprile. Divenne quasi un simbolo della sciagura. Il crollo causò la morte di 8 persone: 7 studenti e il portiere.
Il processo penale nei confronti degli ingegneri che avevano curato la ristrutturazione della palazzina nel 2000 si concluse nel 2017 con un verdetto di condanna. Fu condannato anche il presidente della Commissione collaudo dell’Azienda per il diritto agli studi universitari. Secondo quanto spiegato nelle motivazioni, la palazzina, in seguito alla ristrutturazione che l’aveva trasformata da casa privata a studentato, ne era risultata devastata. Le modifiche apportate dalla ristrutturazione avevano pericolosamente modificato lo stabile rispetto al progetto originale rendendolo vulnerabile in caso di terremoto. Tutto questo in una zona già definita ad alto rischio sismico dagli anni Sessanta.
Il processo civile
Il terremoto del 2009 fu anticipato da una serie di eventi sismici a partire dal dicembre del 2008. Secondo le famiglie dei sette studenti morti nel crollo della palazzina, cinque giorni prima della scossa più forte, del 6 aprile appunto, la Commissione Grandi Rischi, al termine della riunione, aveva rilasciato dichiarazioni tutt’altro che allarmanti. Il rappresentante della Protezione Civile presso la Commissione e il sindaco della città avevano anche loro rassicurato la popolazione. Le loro dichiarazioni avrebbero indotto l’intera popolazione cittadina a non adottare le precauzioni previste in questi casi. Gli scienziati della Commissione e il rappresentante della Protezione civile erano stati giudicati colpevoli e condannati in primo grado.
La sentenza della Corte d’Appello
In secondo grado, invece, il verdetto è stato ribaltato per quasi tutti gli imputati. I giudici non ravvisano, infatti, il cosiddetto nesso di causalità tra le dichiarazioni degli scienziati e il comportamento degli studenti. In questo caso non si può attribuire agli imputati alcuna responsabilità di natura civile. Nelle motivazioni, in realtà, si parla di “condotta incauta” da parte degli studenti.
La sentenza non solo respinge le richieste delle famiglie degli studenti morti, che si erano costituiti parte civile, ma prevede anche che queste paghino le spese processuali che ammontano a poco più di 10.000 auro.
Le famiglie hanno già annunciato che ricorreranno in Cassazione.
In copertina foto di Angelo Giordano da Pixabay