Il team multidisciplinare dell’Ospedale Sacro Cuore di Gesù di Benevento protagonista dell’iniziativa a supporto di pazienti e caregivers. Dar loro strumenti per gestire l’impatto fisico e psicologico della patologia sulle loro vite è l’obiettivo di “È tempo di vita”, la campagna nazionale di informazione e sensibilizzazione sul tumore al seno avanzato, promossa da Novartis in collaborazione con Salute Donna Onlus e la Società Italiana di Psico-Oncologia (SIPO), con il patrocinio di Fondazione AIOM.
Quella degli incontri sul territorio è una delle attività più importanti previste dalla campagna, un appuntamento di supporto concreto per dare informazioni utili su come affrontare la vita con il tumore al seno metastatico.
L’appuntamento all’Ospedale Sacro Cuore di Gesù di Benevento è stato preceduto dall’installazione di un totem multimediale presso il quale i pazienti e famigliari hanno potuto rispondere a poche semplici domande sul loro vissuto, esigenze e paure. E hanno potuto lasciare le loro domande, affinché siano spunto di discussione nell’appuntamento di domani.
Tempo di vita: i sentimenti dominanti
I sentimenti dominanti che emergono dal contributo diretto delle pazienti sono sicuramente paura (27%) e depressione (20%): si tratta di donne che nel 29% dei casi hanno dovutointerrompere la loro attività lavorativa a causa della malattia e per le quali, nella vita quotidiana, visite ed esami di controllo rappresentano le attività più pesanti da affrontare(44%). La necessità di una maggiore possibilità di raccontare i propri bisogni (18%) e di condividere la propria esperienza con altre persone nella stessa situazione (36%)sottolineano l’importanza della condizione psicologica per le pazienti. La sete di maggiori informazioni su come mantenere uno stile di vita sano è prioritario per il 33% delle pazienti, seguita dalla necessità un maggior approfondimento sulla patologia per capire e a conoscere meglio il tumore al seno (23%).
Anche per quanto riguarda i caregiver, la condizione psicologica (34%) e la sete di informazioni sono gli aspetti più importanti: dai loro contributi diretti prevalgono emozioni anche in questo caso come paura (21%) e depressione (16%), con il 40% di essi che sente la necessità di condividere la propria esperienza con persone in grado di capirli. La sete di informazioni emerge anche dalle risposte dei caregiver, con il 38% che vorrebbe saperne di più sulla patologia, sui sintomi e sul percorso di cura, e con il 20% che vorrebbe invece ricevere consigli su come gestire al meglio la relazione con una persona che vive con il tumore al seno avanzato.
“Attualmente, nonostante sia possibile registrare un aumento dell’incidenza del tumore mammario, la mortalità è in graduale diminuzione – ha spiegato Antonio Febbraro, Primario dell’U.O. di Oncologia e Medicina dell’Ospedale Sacro Cuore di Gesù di Benevento – Lo sviluppo e la ricerca sempre più attiva di nuovi protocolli terapeutici e nuovi farmaci, anche in quei casi in cui la guarigione completa non sia un risultato facilmente perseguibile, riescono sempre più a rendere cronica questa malattia, anche per anni. Per raggiungere questo obiettivo si rende sempre più necessario un cambiamento culturale e di mentalità, in cui personale medico e infermieristico e altre figure di assistenza e di supporto possano collaborare con i pazienti e con i loro familiari per affrontare al meglio le problematiche relative a questa patologia, tramite interventi mirati, non soltanto dal semplice punto di vista terapeutico, ma anche organizzativo e psicologico”.
Tempo di vita: i tumori
I dati relativi al nostro paese indicano infatti che 1 donna su 8 in Italia si ammala di tumore al seno nel corso della sua vita. Tra le patologie oncologiche è la più diffusa tra il genere femminile, con circa 50.000 nuovi casi ogni anno in Italia, e con un trend di incidenza in leggera ascesa (+0,3%). Di questi casi il 30% è destinato a progredire e a evolversi in tumore avanzato. Il tumore al seno si definisce avanzato quando cellule provenienti dal tumore primitivo, inizialmente localizzato alla mammella, si sono diffuse in altre parti rispetto al punto d’origine. Complessivamente, si stima che siano circa 30.000 le pazienti malate di tumore al seno avanzato in Italia.
“Ammalarsi di cancro è un avvenimento traumatico che investe tutte le dimensioni della persona, dalla sfera psicologica ai valori individuali e spirituali fino ai rapporti interpersonali e sociali – hanno dichiarato Francesca Santamaria e Sara Luciano, Psicologhe e volontarie presso l’Ospedale Sacro Cuore di Gesù di Benevento – Ormai è noto come gli studi di psicoimmunologia applicati all’oncologia dimostrano l’importanza di non rinunciare alla propria vita sociale, ai propri impegni e anche alla cura della propria persona. Uno studio condotto su 100 donne ha evidenziato che in seguito a un percorso psicologico effettuato durante le terapie, si ha una riduzione dello stress, una riduzione della sintomatologia con un miglioramento delle attività quotidiane. Risulta pertanto fondamentale comprendere a fondo quanto la persona viva l’impatto della malattia e le sue conseguenti terapie sull’esistenza per una necessaria assistenza”.
Il tempo delle pazienti aumenta sia come quantità sia come qualità. Sebbene, infatti, non si possa parlare di guarigione, grazie ai progressi della ricerca scientifica oggi è sempre più possibile avvicinarsi alla cronicizzazione del tumore al seno avanzato. Negli ultimi dieci anni i miglioramenti sono stati rilevanti grazie all’introduzione di nuove molecole efficaci, che stanno portando a un controllo sempre maggiore della fase definita ‘sopravvivenza libera da progressione’, che va via via prolungandosi. Non solo, grazie alla possibilità di prevedere fasi di trattamento “più soft”, a bassa tossicità, le pazienti oggi possono condurre una vita attiva e vicina il più possibile alla normalità. Si sono aperte anche nuove prospettive di cura: grazie ad esempio a una nuova classe di farmaci, gli inibitori delle chinasi ciclina-dipendenti (CDK) 4/6 anche per le pazienti con patologia mammaria HR+/HER2- . Questi farmaci, impiegati in aggiunta alla terapia ormonale nelle donne con tumore al seno avanzato HR+/HER2-, hanno dimostrato di migliorare i risultati ottenuti con la sola terapia ormonale e di prolungare la sopravvivenza libera da progressione. Ecco perché diventa sempre più importante dar loro tutti gli strumenti possibili perché il tempo della malattia sia davvero tempo di vita.