I telescopi dell’Eso, in Cile, sono tutti dei fuoriclasse. Uno un pochino più degli altri, almeno a guardare la pagella dell’ultimo semestre valutato, quello che va da aprile a settembre 2018. Si chiama Vst (acronimo per Vlt Survey Telescope), è un telescopio a grande campo da 2.6 metri, dal 2010 osserva il cielo dall’osservatorio di Paranal, ed è un oggetto a noi molto caro, non fosse altro che per il luogo in cui è stato ideato e progettato: a Napoli, dai ricercatori dell’Osservatorio astronomico Inaf Capodimonte.
Telescopio Made in Neaples: come si valutano i telescopi
Per capire come abbia fatto Vst a scalare la vetta della classifica, occorre anzitutto andare a vedere una a una le “materie” nelle quali vengono valutati i telescopi, e il voto che ha preso Vst in ciascuna di esse (vedi grafico qui sopra, cliccare per ingrandire). Lo facciamo con l’aiuto del responsabile per Inaf del progetto Vst, Pietro Schipani, ricercatore all’Inaf di Napoli.
Anzitutto, come si danno i voti, ai telescopi? Dal grafico vediamo che si contano le “notti”, e che le si suddividono in cinque classi. Cosa rappresentano?
«Lo science time utile è il tempo in cui il telescopio è disponibile per osservazioni scientifiche: è quello da massimizzare. Un telescopio può essere però indisponibile per diversi motivi: a causa delle condizioni atmosferiche che rendono impossibile un certo tipo di osservazione, fotometrica o spettroscopica (weather downtime); a causa di problemi tecnici al sistema telescopio-strumento-cupola (technical downtime); perché alcune notti vengono riservate a esperimenti tecnici volti al miglioramento del sistema (engineering time); o, ancora, perché dei nuovi strumenti sono in fase di commissioning e occupano alcune notti in modalità non ancora scientifica (commissioning time)».
Cos’è che ha consentito a Vst di primeggiare proprio nello science time – il “tempo scientifico”, il più prezioso, quello che davvero interessa agli astronomi? La fortuna? O che altro?
«Il tempo di fermo per problemi tecnici del sistema Vst+OmegaCam (il suo unico strumento), che a dire il vero già nel 2017 era stato il più basso di tutti, nell’ultimo semestre si è praticamente azzerato: 0,3 per cento. Inoltre il telescopio è stabile e non vi sono particolari migliorie da testare, per cui non è stato necessario allocare tempo ingegneristico. Non è fortuna: il segreto è aver assimilato la vera e propria ossessione per l’affidabilità che regna nei progetti Eso. C’è solo una strada: costruire strumenti affidabili, facilmente manutenibili, ben documentati, realizzati prevenendo eventuali problemi e facendo sì che siano risolvibili rapidamente. Tutto ciò richiede un continuo approccio di system engineering che orienti la progettazione dello strumento. In Vst questa lezione, anche dopo scottature pesanti, è stata appresa. Non doveva semplicemente funzionare: doveva funzionare sempre. Abbiamo migliorato e testato le cose più delicate fino allo sfinimento, in momenti in cui l’ipotesi che un giorno avremmo “battuto” i telescopi del Vlt (i fuoriclasse di queste statistiche) avrebbe fatto ridere molti. Ma negli ultimi semestri è stato così. Il merito va naturalmente condiviso con tutti i colleghi dell’Inaf e con lo staff dell’Eso di Paranal che opera il telescopio, che nel tempo ha risolto piccoli problemi non sistematici e molto ben nascosti».
Un grande successo tecnologico, ma dal punto di vista scientifico? Come sono state sfruttate, tutte queste notti? Quali sono stati risultati più interessanti conseguiti da Vst nel suo “semestre di grazia”?
«Stanno venendo fuori tanti lavori, nel campo dell’astronomia galattica ed extra-galattica e sia su tempo italiano che internazionale. Fra i risultati più famosi finora, ricorderei gli studi di weak lensing della survey KiDS e la ricerca delle controparti elettromagnetiche delle onde gravitazionali, ma anche svariati lavori di deep imaging del cluster Fornax, o “sorprese” meno note come il supporto alla missione Gaia, la cui precisione dipende anche da un programma di supporto eseguito con Vst: recentemente, con mia sorpresa, mi hanno anche chiesto dati dimensionali sul telescopio. È un esempio virtuoso di sinergia fra un telescopio da terra come Vst e una missione spaziale, in un mondo della ricerca sempre più multi-strumentale».
Una curiosità: quanto costa, il tempo di Vst? Detto altrimenti: se volessi, io privato cittadino, affittarlo un’intera notte per osservare e fotografare il cielo a piacimento, quanti euro dovrei sborsare?
«Il tempo di Vst costa 1000 euro a notte, un buon affare… naturalmente è un prezzo speciale per l’Inaf nell’ambito della convenzione con l’Eso».
Se lo avessimo a nostra disposizione una notte intera, cosa varrebbe la pena osservare?
«Essendo un telescopio a grande campo, a un astrofilo consiglierei di andare su oggetti belli estesi: si divertirebbe un mondo, e lo dico per esperienza diretta, perché nelle prime fasi del commissioning ci abbiamo un po’ giocato anche noi. Installammo una reflex al suo fuoco, e a Paranal ricordano ancora le urla di stupore di alcuni colleghi udibili in tutta la piattaforma».
E lei, dove lo punterebbe?
«Personalmente, ho avuto a disposizione Vst per tantissime notti, dunque ho già potuto puntare quasi tutto ciò che volevo. Ciò che non ho mai puntato e vorrei osservare? Sirio, la prima stella di cui abbia sentito parlare da bambino. Certo, non mi servirebbe il grande campo…».