I tartufi, conosciuti come i ‘diamanti della cucina’, sono corpi fruttiferi ipogei di funghi che vivono in simbiosi con le radici delle piante, svolgendo un ruolo importante nell’ecosistema del suolo. I genomi di due pregiate specie di tartufo sono stati confrontati in un articolo pubblicato online questa settimana su ‘Nature Ecology & Evolution’: i risultati ottenuti hanno permesso di rivelare le basi genetiche di uno dei cibi più ricchi d’aroma e costosi al mondo.
Un team internazionale guidato da Francis Martin e colleghi dell’Institut national de la recherche agronomique (Inra), del quale hanno fatto parte anche ricercatori italiani del Cnr di Torino e Perugia, dell’Università di Torino, Bologna, L’Aquila e Parma, ha sequenziato i genomi del tartufo bianco piemontese (Tuber magnatum Pico) – che viene venduto fino a € 4.000 al chilo, a seconda della scarsità – e del tartufo nero della Borgogna (Tuber aestivum), oltre che quelli di funghi eduli meno conosciuti quali i tartufi del deserto (Terfezia boudieri), del tartufo consumato dai maiali (Pig truffle, Choiromyces venosus), ed il genoma della morchella (Morchella importuna).
Tartufi: gli studi sul genoma
Confrontando questi genomi con quelli del tartufo nero pregiato già sequenziato (Tuber melanosporum, Martin et al. 2010, Nature), gli autori hanno scoperto che ci sono inaspettate somiglianze genetiche tra le specie di tartufo bianco e nero – nonostante il loro diverso percorso evolutivo a partire dalla loro separazione ~ 100 milioni di anni fa – come ad esempio nei geni correlati alla simbiosi con le piante e alla loro capacità di ottenere sostanze nutritive dal terreno. E’ stato inoltre rivelato che i tartufi hanno una serie limitata di geni che consentono invece ad altri funghi di degradare le pareti cellulari delle piante su cui vivono. Nei tartufi, inoltre, viene finemente regolata l’espressione dell’ampio repertorio di geni coinvolti nella produzione dei composti organici volatili, che partecipano alla formazione del loro aroma pungente che attrae gli animali (maiali e cani da tartufo) per disperdere le spore del tartufo.
Questo studio fa parte di un’iniziativa per sequenziare 1.000 genomi fungini entro cinque anni, un’iniziativa del Joint Genome Institute (JGI) e della comunità scientifica interessata a colmare le lacune nella comprensione di uno dei più grandi rami nell’albero della vita.