Il tango è musica e danza, un insondabile mistero nato sulla riva del Rio de La Plata, in Argentina, diventato col tempo sempre più la voce stessa di Buenos Aires, la capitale dove il tango è nato, si è evoluto, ha preso le mosse della sua inarrestabile presenza nel mondo. Il tango, come dice Enrique Santos Discepolo, musicista e compositore di tanghi famosi, è un pensiero triste che si balla, il tango è il respiro della città, i corpi che si toccano e vibrano, è nostalgia di amori perduti, di speranze che si sono spente, di illusioni inseguite per le strade del mondo, è il lunfardo, quella lingua mista tra spagnolo e italiano, con cui i suoi testi sono scritti, parlata tra la gente del popolo.
È nato dai suburbi di questa città, alla fine del diciannovesimo secolo, in un momento di diffusa emigrazione che vi convogliava un crogiuolo di genti, lingue, costumi, ove si mischiavano la cultura gaucha che abbandona le campagne per sfuggire a una vita miserabile, gli immigrati europei, con una forte presenza italiana e la cultura africana, arrivata da tempo sulle sponde del grande fiume. Oggi questa musica-danza va percorrendo le strade del mondo nei suoi sensuali compás (ritmi), nel suono struggente del bandoneón, uno strumento importato dalla Germania e che assomiglia molto alla nostra fisarmonica.
Il tango è la voce del suo cantore mitico, quel Carlos Gardel che morì in un incidente aereo il 24 giugno 1935, all’aeroporto di Medellín: il suo aereo che si preparava a decollare si scontrò con un altro aereo fermo nella pista, con i motori accesi. Carlos Gardel morì carbonizzato e con lui i suoi chitarristi Guillermo Barbieri e Angel Domingo Riverol e il paroliere Alfredo Le Pera. Otto mesi dopo la sua salma arriva a Buenos Aires. Il suo mausoleo nel cimitero della Chacarita è addobbato con centinaia di ex voto e quotidianamente gli altoparlanti diffondono la sua voce. Una sigaretta sempre accesa compare ogni giorno misteriosamente tra le dita della statua che lo rappresenta, Da allora è divenuto colui che cada día canta mejor (ogni giorno canta meglio) e nel 2003, ratificando la laica santificazione popolare del personaggio, l’Unesco ha dichiarato la voce di Gardel come Patrimonio Culturale dell’Umanità.
Il tango, che nelle sue origini è stato la musica tradizionale dei quartieri poveri, dei conventillos (le vecchie case degradate affittate agli emigranti), dei bordelli, un impasto di lirismo, nostalgia, rimpianto, pena dell’esilio, sensualità, struggente attaccamento alla propria terra e per questo immagine storica e culturale di un paese complesso come l’Argentina, nello stesso tempo è la danza che ha saputo parlare a realtà anche lontanissime da quelle in cui è nata. Basti pensare al suo enorme successo tra i borghesi. Il Tango approda a Parigi nel 1911, presentato all’Esposizione Universale, e qui riceve consensi entusiastici sia da parte dei maestri di ballo che da gran parte del pubblico, ma desta scandalo e indignazione sia nel mondo ecclesiastico che in quello accademico. Perché quel tango, oggi ballato nelle sale del mondo, uscito dai ghetti dell’emarginazione e della miseria, ha osato stupire e affascinare anche le classi alte, e proprio per questo venne condannato come immorale dalla Chiesa che non riuscì comunque a fermarne l’ innarrestabile ascesa.
La sua musica è stata capace di attraversare la storia del paese, diventando infine nel secolo scorso, con Astor Piazzolla, grazie al quale il tango si è rinnovato, accogliendo influenze della musica colta e del jazz, una musica di valore universale in grado di comunicare emozioni a tutti. Piazzolla suonava il bandoneón, strumento che, nel Novecento, si installò nei gruppi musicali di tango come la voce più caratteristica. Questo lo si deve alla sua singolarità di timbro, che attraverso il movimento del mantice si mostra in grado di produrre varie sonorità e accentuazioniritmiche, e inoltre per le sfumature espressive al servizio dell’intensità delle emozioni che la musica e il testo raccontano.
Si pensi per esempio che in un paese come il Giappone, quanto di più lontano culturalmente dall’Argentina, il tango è una delle danze più amate e i ballerini giapponesi sono tra i più accesi frequentatori del Festival Internazionale del tango che si tiene a Buenos Aires ogni settembre.
Tuttavia il tango “argentino” lo si può davvero conoscere solo nel paese in cui è nato e dove si balla nelle “milonghe”. La milonga non è soltanto una danza che accelera il ritmo del tango e che richiede, per essere ballata, uno straordinario virtuosismo, la milonga è anche il luogo dove si balla e il verbo “milonguear” significa ballare il tango in luoghi deputati, dove si incontra sempre la stessa gente, salvo qualche sperduto turista che riconosci subito, perché, estraneo al rito, si muove fuori dei codici conosciuti e condivisi da tutti gli altri.
Il tango che comunemente si balla in Europa, non insegnato da maestri argentini, ha poco a che vedere col tango “argentino”, questo ritmo del 2X4 dove i ballerini improvvisano la loro danza su passi strutturati ma che vengono con libera improvvisazione combinati sul momento. Nelle milonghe ogni coppia balla in modo diverso, utilizzando un numero limitato di passi attraverso i quali però può costruire infinite coreografie. E soprattutto, la coppia del ballo argentino non ha rigidezze ma una spettacolare fluidità che sembra farla volare nella sala al ritmo della musica, niente scatti, gratuite esibizioni di forza da parte dell’uomo, come si vede nel tango europeo. Non serve, l’uomo guida, la donna segue in una perfetta armonia, in un’intesa di grande musicalità, erotismo, condivisione.
Il Tango canta e balla l’amore come passione, inquietante, disperato, e canta le donne, le vere assolute protagoniste del tango, quelle donne che nella danza si abbandonano totalmente all’uomo che le guida.
La relazione tra il tango e la letteratura è sempre stata molto forte. Molti scrittori scrissero testi di tanghi, pensiamo a Jorge Luis Borges tra gli altri. I testi dei tanghi, come ci dice il poeta Horacio Ferrer, si affidano più alla melodia che al ritmo, e trattano tutti i temi della letteratura universale: la vita e la morte, la caducità del tempo, l`amore e l’abbandono, la nostalgia per la propria terra e il dolore dell’esilio, le origini radicate nella carne e nell’anima. Il tango è una filosofia di vita, un approccio alle domande sul destino umano, sulla felicità, sul dolore.
Se ci chiedessimo la ragione di tanto successo, nella nostra società contemporanea, di una musica e danza nate alla periferia del mondo, forse potremmo risponderci che la virtualità, il cinismo, la diffidenza verso l’altro, la perdita della corporeità, la velocità con cui bruciamo passioni e incontri, ci hanno lasciato un vuoto dentro che il breve spazio di un tango o di una milonga ci illudono di poter riempire, in quell’abbraccio “tanguero” che è un abbraccio di appassionati, malinconici, struggenti amanti.