Non che ci piaccia parlare sempre di crisi ma è chiaro che le analisi, anche specialistiche, si sprecano e ogni giorno ormai vengono diffusi dati e approfondimenti che spesso, anche se solo sotto forma di freddi numerim, fotografano la realtà italiana e allungano anche lo sguardo sul futuro.
Ecco quindi le riflessioni che si possono trarre dal nuovo rapporto Svimez sullo stato della popolazione italiana nelle differenziazioni territoriali e l’interpolazione con i dati economici dei mesi scorsi e le stime per i prossimi.
Il mezzogiorno, secondo il rapporto, sarà interessato da quello che viene definito “tsunami demografico”. Il dato davvero impressionante è che proprio al sud nel 2013 i decessi sono stati di gran lunga superiori alle nascite. Dati paragonabili solo a quelli del 1867 e del 1918. Solo centosettantasettemila nuove vite sono venute alla luce dal 1861 il 2013 registra essere l’anno con il più basso numero di nati in assoluto.
Nel nostro mezzogiorno, poi, nei prossimi anni si stima una perdita di popolazione pari addirittura a 4,2 milioni di cittadini.
I dati che più lasciano basiti sono, però quelli relativi al PIL: a fronte di un -0,4 generale si staglia il -1,5 del mezzogiorno. Se queste stime risulteranno vere e centrate ci avviamo a vivere il settimo anno di crisi ininterrotta. Questi numeri ci danno un quadro spettrale: nel 2013 il Pil è crollato nel Mezzogiorno del 3,5%, peggio dell’anno precedente (-3,2%), con un calo superiore di circa due punti percentuali rispetto al Centro-Nord (-1,4%).
Questo andamento in picchiata è dovuto alla contrazione totale della domanda interna (- 2,4%) e degli investimenti (- 5,2%). La perdita di posti di lavoro è pressocchè conseguenziale: – 3,8%. Male anche le esportazioni con un bel -0,6%.
Si stima che tra il 2008 e il 2013 nel mezzogiorno il reddito pro capite è crollato del 15% e si sono persi 80mila posti di lavoro netti.