E’ quanto ha chiesto il prof. Adriano Giannola economista e Presidente della Svimez in un dettagliatissimo rapporto che controbatte punto per punto i criteri del presunto “Federalismo Sanitario” e le basi economiche del cosiddetto “Piano per il Sud”
“In materia di federalismo sanitario, il Governo e le Regioni definiscano obiettivi di salute e bisogni sanitari da soddisfare, con i costi e le risorse necessarie, invece di fare il procedimento inverso, cioè far derivare i bisogni dalle risorse disponibili. Mentre per attuare il Piano per il Sud servono risorse prioritarie per la fiscalita’ differenziata, e un’Agenzia tecnica al servizio delle Regioni del Mezzogiorno per progettare e realizzare gli interventi”. E’ quanto ha chiesto il Presidente della Svimez Adriano Giannola durante il convegno “Regionalismo e federalismo possono essere una risposta?” promosso dalla regione Molise in collaborazione con Invitalia, Svimez, Istituto Banco di Napoli – Fondazione, alla Camera dei Deputati che si è tenuto a Roma. Secondo il presidente della Svimez, la procedura per la determinazione dei costi e fabbisogni standard regionali quale presente nell’articolo 22 del decreto delegato è “problematica”. Due i motivi: da un lato “non vi è adeguata garanzia del fatto che le regioni definite virtuose effettivamente eroghino i livelli essenziali di assistenza” (LEA); dall’altro, si definisce lo standard in base a “un puro criterio contabile”(ci si riferisce al dato medio pro capite delle realtà virtuose unito alla ponderazione per età della popolazione)isolato dal contesto, cioè senza “che risulti affidabile il meccanismo proposto per tenere conto delle condizioni socio-economiche, che per ammissione generale influenzano costi e spesa in modo diverso tra territori. Anche la soluzione adottata per quanto concerne la mobilità ospedaliera e’ fortemente discutibile”. In base a varie simulazioni, continua il presidente dello Svimez, rispetto al quadro delle risorse previste dal Patto per la Salute oggi in vigore, “questa contabilizzazione determinerebbe una riduzione della spesa complessiva attorno al 2-4% e ulteriori divergenze tra territori”. La curiosa conseguenza dell’applicazione del criterio adottato sarebbe per le regioni virtuose “una riduzione di trasferimenti rispetto a quelli disponibili in quattro casi su cinque”. Come dire: le regioni virtuose hanno già ora risorse più che sufficienti per i LEA, quindi sono automaticamente in grado di erogare servizi standard. Ma adottare “l’equilibrio finanziario quale unico criterio per definire la virtù territoriale collide nettamente con quanto indicato dall’articolo 18 delle legge 42”, dove si parla di un percorso di convergenza graduale verso un obiettivo di “efficienza sostenibile”. In relazione al rispetto dei vincoli di bilancio nazionali e comunitari,richiamati nel decreto, i Lea, “incidendo sul diritto alla salute dovrebbero avere un grado di indipendenza dall’ammontare delle risorse globali disponibili, nel senso di dare priorita’ di spesa rispetto ad esempio all’acquisto di sofisticati aereomobili da guerra”. Secondo il Presidente della SVIMEZ “non distinguere politiche ordinarie da politiche di sviluppo e appiattirsi esclusivamente sull’efficienza di progettazione rischia di confondere risorse aggiuntive e ordinarie”, con il risultato di utilizzare, come da anni accade, risorse speciali per coprire le spese ordinarie. Per il rilancio del Sud vanno invece stanziate “risorse speciali da mettere al servizio di una strategia di sviluppo della quale non si vede una chiara traccia, e prioritariamente ai settori energia, ambiente, logistica, Mediterraneo, filiere produttive, fiscalita’ differenziata”. Campo, quest’ultimo, totalmente assente nel Piano per il Sud, e che invece “costituisce uno strumento di grandi potenzialità per rimettere il Sud nel circuito dello sviluppo”. Inoltre,operativamente, “serve un’Agenzia tecnica al servizio delle Regioni meridionali per affiancarle sia per gli aspetti di progettazione che di accompagnamento alla realizzazione degli interventi”. Più che alle singole Regioni meridionali, l’Agenzia dovrebbe rapportarsi a un Comitato Stato-Regioni del Mezzogiorno con compiti di coordinamento, indirizzo, definizione delle priorità e delle linee strategiche del piano di sviluppo”.