Il rischio di disordini sociali è in aumento, il governo italiano pensa di risolvere tutto indebolendo le tutele dei lavoratori rendendo più semplici i licenziamenti: una vera e propria provocazione sociale. Non è nemmeno capace d’intendersi per formalizzare uno straccio di proposta per lo sviluppo e la ripresa della crescita di un Paese agonizzante.
Dopo aver appreso dei contenutidel recente rapporto dall’organizzazione internazionale del lavoro(OIL) sul rischio imminente di una recessione di nuovi posti di lavoro che riguarderebbe l’economia globale possiamo capire il perché delle recenti esternazioni del ministro del Lavoro Sacconi sui rischi di una nuova stagione di disordini sociali, corroborate, quasi certamente, dalla lettura di quel rapporto.Ciò che non riusciamo a comprendere è che le dichiarazioni del ministro arrivino proprio dopo che, con una lettera indirizzata alle più importanti istituzioni europee, lo stesso presidente del consiglio abbia azzardato l’introduzione imminente di una normativa che renda più facili i licenziamenti quasi a stuzzicare quelle possibili sacche di “irriducibili” che lo stesso ministro ha ritenuto operanti nel Paese ed a stimolare la possibilità stessa della ripresa di una strategia del terrore in Italia. Una sorta di pungolo che si va ad insinuare in un momento di crisi economica che tocca sopratutto la classe media e le fasce più deboli della popolazione.Lo studio pubblicato lunedì scorso ha rilevato, infatti, che in quasi due terzi delle economie avanzate e in metà dei paesi emergenti e in via di sviluppo, si continua a ravvisare un ulteriore rallentamento nell’occupazione e se si guarda alle tendenze attuali, ci vorranno almeno cinque anni per riportare l’occupazione nelle economie avanzate a livelli pre-crisi.Il livello di disoccupazione mondiale ha toccato, purtroppo, il più alto livello mai raggiunto arrivando a 200 milioni di persone in tutto il mondo.Nella relazione del 2011 sul mondo del lavoro, l’organizzazione con sede a Ginevra, che è un’agenzia specializzata delle Nazioni Unite, ha sottolineato che la ripresa economica mondiale che stenta a decollare pregiudicherebbe il mercato del lavoro. Nello studio è stato precisato che dovrebbero essere creati 80 milioni di posti di lavoro nei prossimi due anni per tornare ai livelli occupazionali pre-crisi, ma a causa del perdurante rallentamento della crescita solo la metà dei posti di lavoro necessari potrebbe essere generata.Il direttore dell’Istituto internazionale dell’ILO per lo studio del lavoro, Raymond Torres, ha tenuto a precisare come ormai si sia giunti “al momento della verità “, sottolineando la necessità di misure urgenti onde evitare di finire in un baratro dal quale poi sarebbe a dir poco complicato uscire.Lo studio, che è stato pubblicato alla vigilia del vertice dei leader del G20 a Cannes in Messico, ha specificato che in più di 45 dei 118 paesi esaminati, il rischio di disordini sociali è in aumento, in particolare nelle economie avanzate, e tra queste prima di tutte l’Unione europea, la regione araba e in misura minore, in Asia.Alla luce di tanto, la ricetta indicata dal premier Berlusconi per uscire anche in Italia dalla crisi occupazionale attraverso nuove norme che semplifichino le modalità di licenziamento dei dipendenti appare non solo estemporanea, ma anche di segno opposto all’esigenza di dare stabilita’ ad un mercato del lavoro nel quale, come sottolineato dall’ILO, la tendenza all’occupazione ha preso una piega negativa a livello globale. Una politica, quella negli intenti dell’attuale governo, che potremmo definire quasi provocatoria in un momento nel quale il diritto alla stabilità del posto di lavoro diviene quasi una speranza e la disperazione sociale cresce giorno dopo giorno nel Paese. Non possiamo, quindi, non concludere questa breve nota con una frase che non è solo uno slogan: “Nessuno tocchi l’articolo 18!”.