Negli ultimi tre giorni, quasi 25.000 persone sono state constrette a fuggire a causa degli intensi scontri tra il South Sudan People’s Liberation Army e le forze Agwelek nei dintorni della città di Kodok. Le organizzazioni umanitarie come MSF, che fino a ieri avevano fornito cure mediche di base, acqua, cibo, beni di prima necessità e ripari sono state costrette a sospendere temporaneamente le attività sulla sponda occidentale del Nilo a causa della crescente instabilità.
“Ci troviamo di fronte a un potenziale disastro, i bisogni sono enormi”, afferma Marcus Bachmann, capo missione di MSF in Sud Sudan. “Gli ospedali nell’area non sono funzionanti e le forniture d’acqua non sono sicure. Due giorni fa gli sfollati non hanno avuto accesso ad acqua potabile per via dei combattimenti. A causa dell’esposizione al caldo torrido e agli agenti atmosferici, ben presto la popolazione soffrirà di disidratazione cronica e diarrea, ma anche di malattie come il colera”.
Fuggire dalle violenze è difficile perchè le posizioni cambiano di mano rapidamente tra le diverse forze armate, e gli sfollati si ritrovano circondati da tutti i lati. Senza protezione, a molti di loro rimane come unica opzione quella di fuggire verso il Sudan, per cercare rifugio. Chi decide di andar via deve intraprendere un duro viaggio a piedi di molti giorni, con quasi nessuna possibilità di trovare cibo o acqua.
Da gennaio, MSF fornisce supporto medico d’urgenza nell’area a quasi 13.000 sfollati scappati dagli scontri attraverso un ospedale da campo e due cliniche mobili. Ora però queste attività sono state sospese. “Chiediamo a entrambe le parti di assicurare a tutti i civili la protezione dai combattimenti e un accesso sicuro all’assistenza umanitaria. Essendo stati costretti a sospendere gran parte delle nostre attività, abbiamo fornito borse contenenti medicine e beni essenziali in modo che il nostro staff che si trova con gli sfollati possa fornire assistenza di base”, aggiunge Marcus Bachmann.
Con l’avvicinarsi della stagione delle piogge, è probabile che il flusso di persone diretto verso il Sudan aumenti, per evitare di restare intrappolate nell’area.
L’acqua resta un grande preoccupazione per i nuovi sfollati. Martedì le persone nei pressi e all’interno di Aburoc hanno avuto accesso a soli 60.000 litri d’acqua al giorno. Ciò significa circa 1,7 litri a persona, decisamente sotto i 2,5-3 litri necessari per sopravvivere. Mercoledì non ci sono state forniture d’acqua a causa dei combattimenti. I rifornimenti potranno riprendere solo se la sicurezza migliorerà.