Il 14 ottobre uscirà nelle sale Suburra, il nuovo film di Stefano Sollima (ideatore di Gomorra – La Serie e Romanzo Criminale – La Serie e regista di ACAB – All Cops are Bastards). Il regista romano, sulla cresta dell’onda da qualche anno grazie al successo (anche internazionale) delle sue serie prodotte da Sky, ha deciso, ancora una volta, di puntare su una crime story che racconta il rapporto tra i «grandi palazzi della politica», le «stanze affrescate e cariche di spiritualità del Vaticano» e quello «della strada».
A fare da sfondo alla pellicola c’è, come immaginabile, Roma: “In poche scene passiamo dal Vaticano ai palazzi del Potere: Montecitorio, Palazzo Chigi, tutta la zona del litorale, via Tuscolana, il centro storico”, ha dichiarato Sollima. Il film è tratto dal romanzo omonimo scritto da Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo (già autore di Romanzo Criminale). La pellicola, come dichiarato da Sollima, non sarà però identica all’opera scritta :” […] E’ normale che un film tradisca la forma del romanzo, abbiamo scelto alcuni dei personaggi più rappresentativi e rivisto una parte dell’intreccio mantenendo però intatto lo spirito e l’anima del libro […].
Come uno scherzo del destino, il film sembra richiamare a gran voce i fatti di Roma Capitale: secondo il regista, infatti, “il romanzo Suburra tracciava già certi scenari: l’inchiesta di Lirio Abbate sull’Espresso sui 5 re di Roma, l’anticipazione sulla Tempesta perfetta che si stava per scatenare, scritta su Fanpage a settembre, hanno messo nero su bianco”.
Ideale sequel del romanzo con protagonisti i banditi della Magliana, Suburra racconta le vicende della malavita del litorale romano: in primo piano le speculazioni edilizie sul litorale di Ostia (con casinò, alberghi, palestre, negozi, ristoranti e yacht) vagheggiati da un folto gruppo di personaggi. Il Samurai (interpretato da Claudio Amendola) è il nuovo re di Roma, “schiavo di niente e di nessuno” e padrone di tutto. Il vero erede del Libanese e ultimo membro della banda della Magliana, nel libro, come dichiarato da De Cataldo, è un “uomo di destra che ha studiato” e richiama Delio Zorzi, imprenditore implicato nella strage di Piazza della Loggia e scappato in Giappone.
«Cresciuto nel mito della rivoluzione nazionale fascista», picchiatore di «rossi al liceo» e desideroso del «colpo di stato», dello «sterminio degli ebrei e dei comunisti», il Samurai è estremamente ambizioso. Il suo desiderio è di trasformare il litorale romano in una Las Vegas de’ noantri. Per raggiungere il suo obiettivo si affiderà a Filippo Malgardi (Pierfrancesco Favino), politico corrotto di centro-destra e affiliato alla malavita, e Numero 8 (Alessandro Borghi), capo di una famiglia che gestisce il territorio ostiense. Altri personaggi fondamentali della storia sono Sebastiano (Elio Germano), il più famoso (e godereccio) PR di Roma; la escort Sabrina (Giulia Elettra Gorietti); Viola (Greta Scarano), la fidanzata tossicodipendente di Numero 8 e Manfredi (Adamo Dionisi), capoclan di una famiglia di zingari.
Sollima ha dichiarato che il suo film “risponde a una domanda: dopo Romanzo criminale Roma oggi com’è?”. Secondo De Cataldo e Bonini, Suburra è «l’immagine eterna di una città irredimibile», «l’origine di un contagio millenario, di una mutazione genetica irreversibile».
Per Paolo Sorrentino, amante del libro, «Suburra racconta una criminalità che si è spogliata del suo già modesto quadro culturale di riferimento. Una criminalità allo sbando che riflette un paese allo sbando e, infatti, il quadro di connivenza col mondo del potere ufficiale, trattandosi di Roma, si fa corposo, organico, indissolubile, al punto di finire per confondere, in termini di comportamento e di orizzonti culturali».
Lo scandalo Waterfront (o uoterfront, per dirlo come nel romanzo) della premiata ditta Sollima-De Cataldo-Bonini, ambientato durante sette giorni decisivi per scongiurare il crollo del governo, proverà a sconvolgere il pubblico italiano con la visione di una Roma “sporca, abbandonata a se stessa, vittima dell’incuria e del degrado”. Una Roma, secondo Sollima, “immutata e immutabile”.
«Il Libanese era morto. Tanti altri erano morti, qualcuno era diventato infame, qualcuno si faceva la galera in silenzio, sognando di ricominciare, magari con un lavoretto senza pretese.
Il Samurai era ancora là. L’antico nome di battaglia denunciava ormai soltanto sogni abbandonati. Ad affibbiarglielo era stato il Dandi, ma lui aveva cercato di esserne degno.
E il potere, quello, era concreto, vivo, reale. Il Samurai era il numero uno».