La Street Art, l’arte di strada, sta pian piano trasformando il volto delle nostre città, da Milano a Napoli a Roma, alle isole, si sta affermando nelle aree urbane con caratteristiche e scopi differenti da quelli del graffitismo urbano incentrato soprattutto sul gioco grafico con lettere, sigle sui muri, quasi sempre percepite dai cittadini come segno di degrado, invasive espressioni di un giovanilismo trasgressivo e spesso senza meta.
Ma differenze sostanziali distinguono il graffitismo dalla Street Art: innanzi tutto le tecniche che nell’arte di strada non si limitano all’uso dello spray ma si arricchiscono di ben altra sapienza pittorica; seguono i temi che mettono in campo le immagini più svariate rappresentate secondo un ampio spettro di codici figurativi, dal realista all’astratto; cambiano anche le motivazioni degli artisti e di conseguenza la percezione che il pubblico ha delle loro opere.
All’inizio la Street Art si presenta come una forma di critica alla proprietà privata, una rivendicazione della libertà d’uso di spazi urbani che si traduce nella possibilità di accesso a un pubblico ben più vasto di quello di una tradizionale galleria d’arte. Oggi il movimento sta coscientemente riqualificando le periferie degradate in una sinergia di interventi che vedono coinvolti gli artisti, le municipalità, gli abitanti delle zone coinvolte nel processo.
A tre decenni dalla sua comparsa la Street Art è divenuta un fenomeno socio-culturale di enorme rilevanza nel panorama della creatività contemporanea. È intorno al 2000 che in Europa gli artisti abbandonano il graffitismo per proporre un’espressione artistica che coinvolge direttamente i cittadini nei loro interventi chiamandoli ad essere una comunità sociale. Sono infatti le tematiche sociali che prendono vita sui muri dei grandi edifici, sui ponti, ovunque una parete offra alla creatività il suo vuoto grigio.
I murales parlano di libertà nelle sue svariate forme, da quella sessuale a quella di coscienza, di partecipazione attiva al sociale, di pacifismo, di repressione poliziesca, del valore dell’associazionismo, del bisogno di riprendersi la città negli spazi ma anche nelle possibilità.
La strada quindi negli ultimi anni non è più vissuta dagli artisti solo come ribalta e canale comunicativo per le loro opere, ma come intervento sul sociale. A testimonianza di questo stanno le relazioni stabilite con il Comune, i musei, le gallerie, le grandi corporations che finanziano e sostengono i progetti di riqualificazione urbana.
Inoltre molti artisti hanno ceduto agli abitanti dei quartieri i diritti d’autore delle loro opere, stimolando attività di riproduzione delle stesse attraverso cartoline, magliette e vari articoli, favorendo un’attività commerciale gestita soprattutto da giovani, i quali spesso hanno lavorato alle stesse opere e sono chiamati a tutelarle e conservarle.
La riqualificazione urbana quindi, operata attraverso la Street Art, non agisce solo sul piano estetico ma più profondamento permette, specie ai ragazzi, di rinventarsi un’identità non più legata a un territorio di marginalità ma a una nuova forma di appartenenza allo stesso territorio e alla comunità che lo abita.
Ovvio che a questa riqualificazione devono ora seguire, come richiedono gli abitanti dei quartieri periferici, la riqualificazione delle unità abitative, della viabilità, dell’illuminazione, la creazione nel quartiere di luoghi di formazione così come di centri sportivi e di incontro.
L’ottimismo e le speranze che si sono accese nei quartieri, trasformati da luoghi marginali, prima disertati dal resto della città, in momenti di scambio all’insegna dell’arte (numerosi sono i visitatori, sia della stessa città che esterni), non possono più essere arrestate.