Continua il nostro viaggio nella storia dei mondiali di calcio. Superata la prima e storica edizione in Uruguay del 1930, si pensò inizialmente di intervallare ogni otto anni i vari tornei per poi in seguito diminuire a soli quattro.
Il paese organizzatore
Le nazioni in gara per ospitare questo secondo torneo mondiale furono Italia e Svezia. La FIFA, l’8 ottobre del 1932 a Zurigo, affidò l’organizzazione al governo italiano di Mussolini che sin dall’inizio del suo regime aveva promosso lo sport come strumento per favorire l’unità nazionale. La nazione scandinava “si accontentò” invece di vedere il direttore di gara Eklind arbitrare la finale.
Le città impegnate ed utilizzate per il mondiale furono: Bologna (Stadio Dall’Ara, allora conosciuto come “Littorale”), Firenze (stadio Artemio Franchi, noto all’epoca col nome di “stadio comunale Giovanni Berta”), Genova (Stadio Luigi Ferraris, noto come “Stadio di Via del Piano”), Milano (Stadio San Siro), Napoli (Stadio Partenopeo “G.Ascarelli”), Roma (Stadio Nazionale del PNF, demolito nel 1957 per far spazio all’attuale Stadio Flaminio), Trieste (Stadio Giuseppe Grezar che ospitò le partite della Triestina fino al 1994) e Torino (Stadio Olimpico Grande Torino all’epoca rinominato in “Stadio municipale Benito Mussolini”).
Le qualificazioni
Elemento di assoluta novità per questo primo mondiale italiano furono le qualificazioni preliminari alle quali prese parte anche la nazionale azzurra (cosa inedita anche nei tempi moderni che la nazione ospitante partecipasse alle qualificazioni) che strappò il pass alla fase finale battendo la Grecia per 4 a 0 anche perché la nazionale ellenica poi si rifiutò di disputare la gara di ritorno.
In totale, quindi, furono sedici le squadre a contendersi il titolo: Argentina, Austria, Belgio, Brasile, Cecoslovacchia, Egitto, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Romania, Spagna, USA, Svezia, Svizzera ed Ungheria.
Da questa rosa di nazionali si può capire come le compagini europee abbiano ampiamente rivalutato la competizione della FIFA a dispetto di Inghilterra e Scozia ancora chiuse nella loro “presunzione” d’essere i migliori. Altra nota da sottolineare è la mancanza dei campioni dell’Uruguay che non parteciparono in segno di protesta per i ripetuti rifiuti ricevuti dalle squadre europee solo quattro anni prima. Inoltre, l’Egitto entrò nella storia come prima nazionale africana in un mondiale.
Il torneo
L’edizione del 1934 è stata abbastanza atipica soprattutto per quanto riguarda la struttura del tabellone. Esso infatti non prevedeva alcuna fase a gironi ma direttamente gli ottavi di finale in gara secca fino alla finalissima di Roma.
Inoltre il torneo si svolse in tarda primavera e non, come sarà poi d’abitudine, nei mesi di Giugno e Luglio. Infatti il 27 maggio del 1934 iniziò il secondo torneo mondiale di calcio, il primo in terra europea.
Già dopo il primo turno di partite, le nazionali extra-europee erano state battute e di conseguenza eliminate da: Italia (7 a 1 contro gli USA), Spagna (3 a 1 contro il Brasile), Ungheria (4 a 2 contro l’Egitto) ed Svezia (3 a 2 contro l’Argentina).
I quarti di finale, giocati il 31 maggio, vide il primo caso di partita rigiocata tra Spagna ed Italia che conclusero la prima partita per 1 a 1. Furono poi gli azzurri con un discusso gol di Meazza a passare il turno. Insieme a loro poi si unirono anche Ungheria, Germania e Cecoslovacchia.
Le semifinali del 3 Giugno videro trionfare Italia e Cecoslovacchia che batterono rispettivamente Austria e Germania (le quali si contesero il terzo posto a Napoli con vittoria tedesca per 3 a 2) qualificandosi così per la finalissima di Roma.
La finale
A dispetto dell’edizione del 1930, le tifoserie non furono le vere protagoniste del pre-partita ma bensì le polemiche verso il direttore di gara designato ovvero Eklind definito dalla stampa francese, austriaca e cecoslovacca troppo simpatizzante verso le ideologie fasciste promosse dal governo Mussolini con il quale lo svedese aveva avuto l’occasione di incontrarlo e di omaggiarlo.
Inoltre il dittatore italiano fu accusato in seguito d’aver imposto alla FIFA gli arbitri di ogni singola partita, finale inclusa (raro era infatti che il direttore di gara di una semifinale potesse poi dirigere l’ultimo match della competizione).
Parlando delle due squadre, gli azzurri non erano considerati tra i più forti anzi venivano visti come i “favoriti” dagli organizzatori a causa di molte polemiche estere le quali dicevano che il governo italiano avesse imposto un’atmosfera di pressione sui direttori di gara, tesa a favorire la nazionale di casa. La Cecoslovacchia, invece, era l’assoluta favorita non solo per la finale ma proprio in tutto il torneo.
Da una parte, quindi, l’Italia guidata da Vittorio Pozzo che poteva contare sul classico “blocco Juventus” formato da Combi, Monti (lo stesso che quattro anni prima giocò la finale con l’Argentina diventando il primo ed unico calciatore a disputare due finali con due nazionali differenti), Bertolini, Orsi, Ferrari e Borel II senza dimenticare Giuseppe Meazza leggenda dell’Inter e Schiavo (punta del Bologna).
Dall’altra la Cecoslovacchia definiti anche “maestri cecoslovacchi” erano una della nazionali migliori potendo avere tra le proprie fila calciatori del calibro di: Frantisek Plánicka (soprannominato “la rondine boema” e considerato uno dei migliori portiere dell’anteguerra), Frantisek Svoboda e Oldrich Nejedlý che venivano considerati tra i più grandi e prolifici attaccanti degli anni ’30.
Si arrivò così al 10 giugno del 1934 e presso lo “Stazio Nazionale” di Roma si svolse la seconda finale di un mondiale. La partita vide le due formazioni scendere con lo stesso modulo (2-3-5) sotto un caldo torrido registrando una temperatura che sforava i 40° C.
La partita ebbe la Cecoslovacchia padrona del campo per la maggior parte del tempo colpendo ben tre pali e sprecando con Svoboda un gol a porta vuota. La pressione della nazionale cecoslovacca riuscì a realizzarsi a venti minuti dalla fine con Puc che con un preciso rasoterra batté Combi. L’Italia sembrava troppo nervosa ed impacciata in campo e Pozzo decise di correre ai ripari scambiando le posizioni di Schiavio e Guaita e lasciò la panchina per posizionarsi dietro la porta avversaria (al tempo ancora non esisteva l’area tecnica nella quale il mister non autorizzato ad uscire).
Gli azzurri, nonostante la partita venisse considerata oramai persa, riuscirono a pareggiare con un tiro ad effetto di Guaita da una distanza di almeno venti metri a soli sette minuti dalla fine e per la prima volta la finale si decise ai tempi supplementari.
Fu Schiavio il “match winner” che al 95esimo minuto di gioco batté il portiere avversario con un potente diagonale su assist di Guaita. Il calciatore bolognese svenne per qualche istante a causa del caldo, dell’emozione e della stanchezza per poi venire risvegliato a suon di ceffoni da Pozzo e Meazza.
I cecoslovacchi calarono clamorosamente e non riuscirono a trovare il pareggio consegnando alla nazionale italiana la sua prima vittoria mondiale.
L’Italia, quindi, si erse vincitrice di questo secondo torneo mondiale. I calciatori, così come l’allenatore, vennero poi premiati con 20.000 lire a testa da parte di Mussolini. La compagine azzurra, all’epoca del torneo considerata come una squadra “favorita” dagli organizzatori e non una delle favorite, da quel momento in poi iniziò un “periodo d’oro” che l’affermò come una delle nazionali più forti e temibili al mondo.