La Coppa Rimet tornò in palio nel 1962 in Cile. Il Brasile, dopo la tanto agognata prima vittoria, si ritrova a difendere il titolo in un torneo a dir poco competitivo.
La squadra organizzatrice
Era il 1956 quando, a Lisbona, la FIFA decise di far tornare il mondiale in Sudamerica dopo le ultime edizioni europee. La scelta non destò poche polemiche. Argentina ed Italia (le due favorite come organizzatrici) accusarono non poco velatamente le scarse condizioni di sviluppo del Cile ritenute inadeguate ad ospitare un evento del genere. A peggiore la situazione fu la tragedia del terremoto di Valdivia del 1960 che fu universalmente riconosciuto come il più forte sisma del XX secolo. La nazione sudamericana riuscì con orgoglio a rialzarsi e mise a disposizione del torneo quattro città: Santiago del Cile, Vina del Mar, Rancagua ed Arica.
La verità, dietro questa decisione, era il decisivo favore del Brasile verso il Cile. Questo perché i brasiliani non vedevano in buon occhio un torneo in una terra ostile come quella argentina.
Le qualificazioni
Un totale di 56 nazionali si contesero i 16 posti disponibili per la fase finale. Se poi andiamo ad escludere i padroni di casa ed i campioni uscenti, i posti scesero a 14.
Tra gironi continentali e play-off intercontinentali, le squadre che presero parte al mondiale del ’62 furono: Cile, Brasile, Argentina, Colombia, Spagna, Messico, Jugoslavia, Uruguay, Ungheria, Germania Ovest, Inghilterra, Italia, URSS, Cecoslovacchia, Svizzera e Bulgaria.
Il torneo del quoziente reti
Il mondiale cileno fu criticato anche per quanto riguarda l’organizzazione della fase a gironi. Prendendo come ispirazione il modello del torneo svedese del ’58, la novità fu l’introduzione del “Quoziente Reti” che andava a sostituire gli spareggi nel caso di arrivo a pari punti. Il Q.E consisteva essenzialmente nel risultato del rapporto di reti realizzate e subite di una determinata squadra. A beneficiarne fu l’Inghilterra che prevalse sull’Argentina nel gruppo 3 come seconda classificata.
Il cammino dell’Italia si concluse già nel fase a gironi. Gli azzurri furono inseriti in un girono ostico con Germania Ovest, Cile e Svizzera. Al tempo, la nazionale era guidata dal duo Paolo Mazza e Giovanni Ferrari e arrivarono in Sud America grazie al doppio successo contro Israele con delle belle speranze ma consapevoli di non essere tra i favoriti. L’esordio nel torneo vide un pareggio per 0 a 0 contro la Germania Ovest ma la gara che segnò l’eliminazione degli italiani fu quella contro il Cile.
Era il 2 giugno 1962 quando Italia e Cile si scontrarono nella famigerata “Battaglia di Santiago”. Gli azzurri vennero messi sotto pressione ancor prima di iniziare il match grazie ai fischi assordanti dei tifosi cileni che avevano mal digerito le aspre critiche dei giornali italiani verso il proprio paese.
La situazione degenerò in campo grazie al gioco duro sia da parte dei cileni (famosi per la loro aggressività e per il gioco poco pulito e duro) che degli italiani (furono ben due le espulsioni per gli azzurri) senza dimenticare Ken Aston, l’arbitro della gara, che non riuscì mai a prendere le redini del match entrando in balia della violenza dei giocatori.
Quindi tra espulsioni, mancate segnalazioni da parte del direttore di gara e numerosi interventi delle forze dell’ordine locali, il Cile riuscì ad imporsi per 2 a 0 eliminando così l’Italia.
Alla fine, le otto squadre che riuscirono a qualificarsi per i quarti furono: URSS, Jugoslavia, Germania Ovest, Cile, Brasile, Cecoslovacchia, Ungheria ed Inghilterra.
I quarti e le semifinali
Il secondo turno del torneo vide l’eliminazione di: Inghilterra, Ungheria, Germania Ovest ed URSS.
I sovietici furono vittima del già citato gioco duro dei cileni che riuscirono a mettere fuorigioco sia il Ragno Nero Jascin con un colpo alla testa e Dubinski fratturandogli tibia e perone. I padroni di casa, quindi, riuscirono a qualificarsi alle semifinali con il punteggio di 2 a 1.
Il Brasile, orfano di Pelé che concluse il suo mondiale anzitempo a causa di uno stiramento nella fase a gironi, fu guidato da Garrincha che contribuì con una doppietta alla vittoria per 3 a 1 contro l’Inghilterra.
Cecoslovacchia e Jugoslavia si imposero, invece, di misura per 1 a 0 sull’Ungheria e la Germania Ovest.
Le semifinali videro l’eliminazione dei padroni di casa che si arresero per 4 a 2 contro i campioni in carica. I brasiliani però persero Garrincha che fu espulso. Nell’altra semifinale, invece, la Cecoslovacchia riuscì a conquistare la finalissima a discapito delle Jugoslavia grazie alla vittoria per 3 a 1.
La finale
Ancora una volta il Brasile si ritrovò a disputare una finale mondiale. Stavolta, però, non c’era Pelé. O Rei, infatti, aveva lasciato anzitempo i compagni a causa di uno stiramento subito nelle gare della fase a gironi. Nonostante ciò, i verdeoro non si persero d’animo e grazie alla “salita in cattedra” di Garrincha riuscirono a superare agilmente le partite successive. I brasiliani, rispetto a 4 anni prima, non erano cambiati molto ed era rimasta la stessa nazionale di fenomeni che si erano imposti in Svezia. Gilmar, Zito, Mario Zagallo e Vavà erano solo alcuni dei nomi che il Brasile degli anni 50/60 poteva vantare.
Dall’altra parte avevamo una Cecoslovacchia in uno dei momenti di massimo splendore per questa nazionale. La nazionale europea arrivava, infatti, dalla vittoria nella Coppa Internazionale 1955-1960 che fu anche l’ultima edizione per questo torneo continentale che fu sostituito dagli attuali campionati europei.
Punta di diamante della formazione europea era Josef Masopust. Il ragazzo nato a Most nel 1931 era, al tempo, la stella del Dulka Praga con la quale vinse ben 8 campionati cecoslovacchia e 3 coppe nazionali. Massimo punto della carriera di questo incredibile giocatore fu il pallone d’oro conquisto nel 1963 diventando il primo giocatore della sua nazione a conquistare questo riconoscimento (nel 2003 sarà poi Pavel Nedved a fargli compagnia ma al tempo la scissione tra Repubblica Ceca e Slovacchia era già avvenuta).
Era il 17 giugno del 1962 e all’Estadio National de Chile scendevano in campo Brasile e Cecoslovacchia per contendersi la settima edizione della coppa del mondo di calcio. I sud americani scesero in campo un offensivo 4-2-4 mentre gli europei con un più classico 4-3-3.
La partita fu equilibrata e ben giocata da entrambe le squadre che non si risparmiarono. Ad andare in vantaggio fu, a sorpresa, la Cecoslovacchia con una rete di Masopust che al quarto d’oro del primo tempo batté Gilmar. La reazione brasiliana fu immediata e pochi minuti fu Amarildo. Il primo tempo di concluse sul punteggio di 1 a 1.
Il secondo tempo vide il Brasile passare prima in vantaggio con Zito per poi raddoppiare con Vavà. Il punteggio rimase fisso sul 3 a 1 per i verdeoro fino alla fine andando quindi a riconfermarsi per la seconda volta consecutiva campioni del mondo. Il Brasile fu quindi la seconda nazionale a vincere il mondiale per due volte di fila dopo l’Italia della doppietta 1934-1938.