Attraverso un buon uso delle parole si comunicano i sentimenti e le energie. Comunicare efficacemente significa avere delle buone idee da condividere con chiarezza di senso, concretezza, sincerità e convinzione e, che si tratti di un semplice romanzo o di un bel libro di storia, poco importa, ciò che resta al lettore è la scoperta di un identità di genere. La curiosità diventa la motrice di una passione che dalla lettura porta alla scoperta della vita quotidiana in cui le metafore possono renderla anche più leggera. Il potere della parola e l’arte di saperla calzare, viene omaggiato in un film americano di prossima uscita in Italia dal nome evocativo “Storia di una ladra di libri”. Regista, molto corteggiato, della brillante e malinconica pellicola è l’inglese Brian Percival, alla sua seconda esperienza per il grande schermo, che per questo film ha reclutato interpreti di primo ordine come Geoffrey Rush, Emily Watson, Sophie Nélisse tanto per citarne alcuni. Il dramma, sceneggiato da Michael Petroni, è l’adattamento cinematografico del Best seller “La bambina che salvava i libri” dello scrittore australiano Markus Zusak Pubblicato, per la prima volta nel 2005, il libro ha venduto otto milioni di copie in tutto il mondo ed è stato tradotto in oltre trenta lingue, rimanendo per ben sette anni nella classifica del New York Times tra i migliori romanzi di tutti i tempi. Il film ambientato nella Germania degli anni ’30 durante la seconda guerra mondiale racconta la vita di Liesel (Sophie Nélisse), una forte e coraggiosa ragazzina affidata dalla madre, incapace di mantenerla, ad Hans Hubermann (Geoffrey Rush), un uomo buono e gentile, e alla sua irritabile moglie Rosa (Emily Watson). Scossa dalla tragica morte del fratellino, avvenuta solo pochi giorni prima, e impaurita dai “genitori” appena conosciuti, Liesel fatica ad adattarsi sia a casa che a scuola, dove viene derisa dai compagni di classe perché non sa leggere. Con grande determinazione decide di cambiare la situazione e trova un valido alleato nel suo papà adottivo che, nel corso di lunghe notti insonni, le insegna a leggere il suo primo libro, Il manuale del becchino, rubato al funerale del fratello. L’amore di Liesel per la lettura e il crescente attaccamento verso la sua nuova famiglia si rafforzano grazie all’amicizia con un ebreo di nome Max (Ben Schnetzer) che i suoi genitori nascondono nello scantinato e che condivide con lei la passione per i libri incoraggiandola ad approfondire le sue capacità critiche. Cosi come diventa altrettanto importante l’amicizia con un giovane vicino di casa, Rudy (Nico Liersch), che punzecchia Liesel per la sua strana abitudine di rubare i libri.
Tra i punti focali della storia, oltre alla temibile voce narrante che si identifica con la “Morte”, intesa ironicamente come alleata della guerra e delle sue vittime, resta il racconto della repressione, da parte del partito nazista, della libertà di espressione che proprio in quegli anni si delineava con il rastrellamento di libri. I nazisti bruciavano, quindi, ciò che era considerato improprio e disponevano cosa leggere e su cosa credere. Ostacoli per tutti i cittadini dell’epoca ma, nel film ogni impedimento diventa un piccolo incidente di percorso brillantemente superato dalla piccola Liesel. La storia rappresenta una vera e propria celebrazione della vita dove la giovane protagonista riesce a mantenersi forte e determinata nel viaggio alla scoperta del potere delle parole. Il film rappresenta, tutto sommato, una storia di formazione e di introduzione al mondo adulto in cui la Shoah e l’Olocausto sono appena accennati, eppure permette ugualmente ai più giovani di interessarsi anche a quel periodo nero della storia. Anche il regista Percival nel descrivere il suo film spiega: “E’ sbagliato etichettarlo come un film sull’olocausto: parla della Germania di quel periodo, ma in realtà parla di una persona, del potere delle parole, dell’abilità di padroneggiarle e della capacità di prendere in mano la propria vita. La cosa che mi sembrava importante è che si tratta di una storia ambientata nella Germania nazista negli anni ’30. Ora quando per trovare l’attrice che avrebbe interpretato Liesel ho fatto provini a persone di ogni parte del mondo, mi ha sorpreso moltissimo il fatto che soltanto poche conoscessero l’olocausto e la Seconda guerra mondiale, cosi ho voluto costruire il mio film sperando che, andando a vederlo in un’epoca tecnologica come la nostra, i ragazzi magari con un paio di click sui loro smartphone o computer, possano scoprire qualcosa in più su quel periodo storico. Se invece avessi fatto un film sull’olocausto probabilmente i ragazzi di 12 o 13 anni non sarebbero andati a vederlo. Questo film parla dell’accettazione della morte.” Il film indirettamente racconta della manipolazione delle coscienze da parte di Hitler e direttamente parla di una storia singola, unica e speciale, quella di Liesel e, della sua curiosità verso il mondo delle parole, un mondo fatto di creatività che risulta essere anche una via di uscita dalla realtà cruda di quegli anni. La forza dello spirito umano vince la dittatura dell’incultura e costruisce un mondo sincero d’amore. Questa la forza struggente del film che si aspetta con attesa nelle sale il prossimo 27 marzo.