Duilio Loi nacque a Trieste, nel 1929 da padre sardo e madre triestina, morì a Tarzo, in provincia di Treviso, nel 2008. Trascorse parte dell’infanzia e l’adolescenza a Genova. A 14 anni diventò orfano di padre. Della morte del genitore, dirà in un’intervista rilasciata a Mario Fossati: «Sono figlio di un marittimo, un capomacchina iscritto nel libro di bordo del Lloyd triestino, silurato nel Mediterraneo, su un mercantile che navigava in convoglio verso l’Africa. Sono nato a Trieste nel 1929. Ci siamo trasferiti a Genova, nel quartiere di Terralba. Ho quindici anni, frequento le scuole dei padri Emiliani. È una domenica del 1943. Mi avvicinano due carabinieri. Chiedono di mia madre. La mamma non c’è, è uscita. “Sei figlio unico?”, mi fa il più avanzato in grado. Sono l’unico figlio maschio. “Debbo darti una brutta notizia. Tuo padre, affondato sul Campobasso, è morto in mare. Sarai tu il capo di casa” e mi dà un buffetto sulla guancia. Mi ha preso una rabbia cieca, il rancore di non sapere, un’ombra nera davanti agli occhi: perché?».
La rabbia covava giorno dopo giorno nel cuore di Loi. Come scaricare quella rabbia? Come scacciare i fantasmi della sofferenza e della tristezza? A 16 anni comprese come dissetare la sua rabbia e cominciò ad avvicinarsi alla boxe frequentando la palestra di Dario Bensi, il quale in un primo momento rifiutò di allenare quel ragazzo dal fisico non adatto ad un pugile. Ma la palestra di Bensi era un punto di riferimento per chiunque volesse intraprendere l’arte del pugilato. «A Genova la palestra di Dario Bensi era più frequentata della scuola media. in Italia c’era e c’è abbondante miseria e nella boxe c’era anche il sogno di poter campare da principi».
Nonostante fosse diventato il miglior giovane del pugilato italiano e avesse conquistato il titolo italiano, i soldi non arrivavano (arriveranno dopo), la miseria si fece strada nella sua famiglia e così dovette arrangiarsi come scaricatore di porto. Loi fece impazzire di gioia l’Italia pugilistica con la sua tecnica eccezionale, che cambiava tattica a seconda dell’avversario, anche a combattimento in corso. Dirà uno dei suoi avversari, Eddie Perkins: «Mi sono battuto tre volte con Duilio Loi, ma ho incontrato tre pugili diversi». Riempiva gli stadi Loi, come il 1° settembre 1960 quando il “San Siro” di Milano fu stracolmo di tifosi giunti da ogni dove per assistere alla sua vittoria per la corona mondiale dei welter jr. contro il portoricano Carlos Ortiz.
Il primo incontro di Loi fu disputato il 1° novembre 1948 contro il connazionale Nicola Frangioni vincendo ai punti. Da quel giorno, tra alti e bassi, disputò 125 incontri: 114 vittorie (26 per KO), 8 pareggi e solo 3 sconfitte: il 17 agosto 1952 contro il danese Jorgen Johansen, all’”Idraetsparken” di Copenhagen, in palio il titolo europeo EBU dei pesi leggeri, sconfitta vendicata due volte da Loi, il 15 novembre 1953 al “Palazzetto dello Sport” di Milano, e il 6 febbraio 1952, sempre a Milano, conquistando il titolo europeo; il 15 giugno 1960 dovette soccombere al forte statunitense Carlos Ortiz al “Cow Palace” di Daly City, sconfitta come in precedenza “vendicata” il 1° settembre dello stesso anno a Milano e il 10 maggio 1961, sempre a Milano, davanti ad otre 60.000 spettatori (come detto più sopra); l’ultima sconfitta arrivò tre mesi prima che si ritirasse, contro lo statunitense Eddie Perkins al “Velodromo Vigorelli” di Milano, incontro valevole per il titolo mondiale dei pesi leggeri WBA; ancora una volta Loi riuscì a realizzare la sua vendetta, sconfiggendo Perkins il 15 dicembre 1962 al “Palazzetto dello Sport” di Milano, conquistando il titolo mondiale, diventando il terzo italiano (dopo Carnera e D’Agata) a conquistare un titolo mondiale di pugilato.