Carmelo Bossi nasce a Milano, nel 1939 dove muore nel 2014. Figlio di un commerciante di frutta e di una impiegata delle Poste, inizia a tirare di boxe a 15 anni alla “Unione Sportiva Lombarda” dove allenavano Combi e Gegio. Fu lo zio Carmelo, accompagnato da uno dei fratelli di Carmelo, Ernesto, anch’egli pugile ma con una breve carriera da professionista, terminata dopo soli otto incontri tutti vinti per k.o., per il desiderio di “cambiare aria” (ma il motivo principale è che non sopportava i sacrifici di un boxeur) che lo portò alla palestra di Combi. Lo zio pensò che per irrobustire quel fisico magrolino che si ritrovava il nipote, la boxe fosse un buon rimedio. Infatti, dopo qualche anno, il ragazzo crebbe in altezza e si ritrovò una muscolatura possente.
“Melo”, come lo chiamavano gli amici e fan, nel ’58, a 19 anni, vinse il campionato regionale lombardo, un torneo che prevedeva sei incontri. Furono subito messi a dura prova la sua arte pugilistica e quel fisico massiccio. Già s’intravedeva quel futuro campione che poi è stato. Nello stesso anno, a Terni, vinse, contro ogni pronostico, gli assoluti. Lo nota il C.T. della Nazionale pugilistica, Natalino Rea, che incomincia a seguire quel giovanotto dai modi educati e tranquillo (Bossi diventa un’altra persona solo sul ring). L’anno dopo riconquista i regionali ma per una questione di peso non può partecipare agli assoluti, che valevano anche per stilare la lista dei partecipanti alle Olimpiadi del ’60 a Roma.
Sembrava che dovesse rinunciare alla chance olimpica. Rea, che non aveva ancora persa la speranza di poterselo portare all’Olimpiade, lo fa gareggiare ai collegiali, facendolo combattere con Vincenzo Guerra, campione in carica. Quella vittoria gli garantì la partecipazione ai campionati europei di Lucerna, dove conquista l’argento battendo un dilettante professionista, il polacco di Kielce, Leszek Drogosz, di sei anni più vecchio di Bossi, che aveva già vinto alcuni importanti tornei e partecipato alle Olimpiadi del ’52 e del ’56.
Nonostante questa affermazione, la strada che portava Bossi alle Olimpiadi non era passeggiata. Agli assoluti di Torino, per colpa del peso, perse contro il piemontese Domenico Orma, nella categoria superleggeri. Quella sconfitta, ma soprattutto perché davanti nella categoria welter aveva davanti un certo Nino Benvenuti, sembrava aver precluso a Bossi definitivamente la strada per l’Olimpiadi. Ma Rea, che continuava a tenerlo in grande considerazione, per farlo partecipare si inventò Benvenuti welter e Bossi nella categoria superiore (welterweight), ma la strada impervia non era finita: per partecipare doveva vincere un mini-torneo a quattro, di cui facevano parte il livornese Remo Golfarini, Giuseppe Galmozzi, Alessandro Mazzinghi e il brindisino Tommaso Truppi: riuscì ad avere la meglio su tutti, nonostante non possedesse un gran pugno, ma aveva una buona tecnica e non aveva paura dell’avversario.
All’Olimpiade, dove l’Italia presentò forse la migliore squadra di pugili (Franco Musso, Nino Benvenuti, Franco De Piccoli, Primo Zamparini, Sandro Lopopolo, Carmelo Bossi, Giulio Saraudi, alcuni di essi diventeranno tra i professionisti campioni del mondo e d’Europa, dove spiccava su tutti la classe cristallina di Benvenuti) di tutte le olimpiadi cui partecipò, conquistò la medaglia d’argento nei superleggeri, sconfitto dallo statunitense Wilbert McClure. Dopo l’Olimpiade passò professionista il 4 marzo 1961 contro Isidoro Princic, al Palazzo dello Sport di Milano, vincendo per squalifica (DQ). Dopo 22 incontri, tutti vinti con quattro k.o., tranne quello contro il nigeriano Johnny Angel al Palazzetto dello Sport di Roma per k.o. (uno dei due subiti nella sua intera carriera, l’altro fu contro Fighting Mack il 14 agosto 1968), il 5 ottobre 1965, a Napoli, conquistò il titolo italiano dei superleggeri ai punti contro il laziale di Ceccano Domenico Tiberia. Iniziò così la scalata di Bossi al titolo mondiale. Nel frattempo difese il titolo italiano l’8 gennaio 1967 contro Tiberia, una rivincita per il pugile laziale che perse ai punti; conquistò il titolo europeo ai punti il 3 maggio 1968 al Palazzetto dello Sport di Roma contro il francese Jean Josselin, campione in carica che aveva combattuto per il titolo mondiale unificato delle corone WBA e WBC perdendo contro Curtis Cokes; difese il titolo il 16 agosto 1967 a San Remo contro l’inglese Cokes, lo stesso che impedì a Tiberia di conquistare il titolo mondiale: Bossi vinse per k.o.t.; difese ancora per tre volte il titolo europeo: il primo contro Josselin (k.o.t.), gli altri due contro Fighting Mack e Johann Orsolics (persi uno per k.o e l’altro ai punti).
Infine arrivò la chance per il titolo mondiale unificato (WBA e WBC) dei superleggeri (welterweight o medi leggeri, categoria fino a 71 kg) contro il rissoso campione in carica, lo statunitense Freddy Little, che l’aveva conquistato (il titolo era vacante) il 17 marzo 1969 al Convention Center di Las Vegas contro il connazionale Stanley Hayward ai punti per decisione unanime (UD). Il manager Libero Cecchi e Rodolfo Sabatini gli organizzarono, il 9 luglio 1970, l’incontro allo Stadio “Sada” di Monza davanti a 12.000 spettatori. Per Bossi era anche una rivincita personale contro lo statunitense che lo batté il 31 ottobre 1969 al Palazzetto dello Sport di Roma ai punti per decisione tecnica, a seguito di una testata reciproca alla terza ripresa dove ebbe la peggio Bossi. Tenendo a bada le “scorrettezze” di Little, dominò l’incontro negli round che gli valsero la vittoria ai punti con decisione unanime. Difese il titolo a Madrid contro José Hernandez con vittoria ai punti. Il 31 ottobre 1971 è la data in cui Carmelo Bossi appese i guantoni al chiodo demoralizzato dall’incontro di difesa del titolo dello stesso giorno al “Nihon University Auditorium” di Tokyo, contro il giapponese Koichi Wajima. «Il giudice giapponese Takeo Ugo dà 72-70 al nipponico, l’italiano Marcello Bertini 73-70 per Carmelo. Decide l’arbitro americano Harold Valan che assegna 68-67 al giapponese, ma, parlando con Cecchi, dice di aver dato il 14° round a Bossi. Significherebbe l’inversione del punteggio e la vittoria. Polemiche, ricontrollo, cartellino giusto, scuse italiane all’arbitro. Carmelo, che si sente un po’ derubato dal verdetto non unanime (e probabilmente è vero, ma lui si era un po’ troppo risparmiato), perde il titolo e appende i guantoni al chiodo» (Daniele Radaelli,Boxe, è morto Carmelo Bossi. Fu argento olimpico a Roma 1960, in «La Gazzetta dello Sport», 23 marzo 2014). Dopo 51 incontri (40 vittorie con 6 k.o. e 3 k.o.t., 3 pareggi, 8 sconfitte, 2 per ko) terminò la carriera di Bossi.