Stipendio basso o reddito di cittadinanza? Davvero il dubbio amletico dei nostri tempi è questo? C’è antagonismo fra il RdC e il lavoro secondo alcuni manager di successo che non lesinano occasioni per rinverdire questa polemica che ormai va avanti da un bel pezzo.
E’ soprattutto dal mondo della ristorazione che il refrain della contrapposizione fra ‘lavoro e reddito’ viene sentito di più. Non si perde occasione, anche in semplici interviste occasionali, per sottolineare che l’istituzione del Rdc ha tolto di fatto manodopera al settore.
Camerieri, aiuti e pizzaioli pare che non si trovino con facilità come prima della Pandemia, per esempio. L’esame statistico ed economico – che però non sembra suffragato da dati scientifici di alcun tipo – sommario ed autoassolutorio del settore risulta carente sia nella parte analitica che in quella di sintesi.
Un mea culpa no?
Le difficoltà di tanti settori economici a seguito di questi disgraziati anni di Pandemia sono sotto gli occhi di tutti. I ristori devoluti dallo Stato sono stati solo dei piccolissimi palliativi che hanno dato pochissimo ossigeno a chi, forse per problematiche pregresse, aveva bisogno di una cura da diverso tenore e impatto.
Il settore della ristorazione, si sa, subisce molto i flussi della stagionalità in tante parti d’Italia e non solo. E’ quasi naturale che la domanda di manodopera sia molto condizionata dal momento e dall’andamento della stagione. Dire che si sia approfittato di ciò per creare un mercato del lavoro settoriale caratterizzato da pedissequo dumping della forza lavoro è altrettanto palese.
Una paga offerta per un tipo di lavoro molto usurante, per quantità di ore lavorative da prestare e per l’intensità delle stesse durante i servizi, sempre sotto i livelli medi accettati. Una paga quasi prossima alla sussistenza ed in tempi in cui la ristorazione viveva non certo tempi di magra. Inoltre trattamenti lavorativi molto spesso proposti senza i dovuti accessori contributivi.
Il RdC è un’ammortizzatore sociale
La definizione del Reddito di Cittadinanza è chiara ed inequivocabile e le sue finalità altrettanto palesi.
“Un sostegno economico ad integrazione dei redditi familiari associato ad un percorso di reinserimento lavorativo e di inclusione sociale, di cui i beneficiari sono protagonisti sottoscrivendo un Patto per il lavoro ed un Patto per l‘inclusione sociale“
Il problema vero è che il RdC resta un’altra grande incompiuta del sistema di welfare italiano degli ultimi anni. Una misura messa in pratica male e solo a metà, gestita con leggerezza e faciloneria e che ha portato ad aberrazioni tali per cui da un lato ci sono grandi truffe e dall’altro potenziali beneficiari che non vi accedono.
La demonizzazione dei diritti
Chi ricorda il lontano referendum sulla Scala Mobile? In quel preciso istante nasce nel nostro Paese una deriva che ha portato il mercato del lavoro ad essere sempre più precarizzato e senza regole. Siamo arrivati fino alla cancellazione finanche dell’art.18 ed abbiamo accettato tutto nel nome di un progresso che in realtà è stato un salto mortale carpiato all’indietro nella sfera dei diritti dei lavoratori.
Oggi, purtroppo, dobbiamo subire una ‘rivolta’ non dei lavoratori ma del ‘capitale’ che pretende, esige, e non transige, su regole sempre meno impegnative. I diritti dei lavoratori sono diventati quasi uno di quei lacciuoli di cui liberarsi e poco importa se poi infortuni e morti bianche prosperano.
La demonizzazione dei diritti ha portato ad una deregulation spaventosa perché chi ne usufruisce ne pretende sempre di più. Non s’investe in formazione delle professionalità ma si pretende che ci sia dedizione assoluta da parte soprattutto dei giovani apprendisti. Una contraddizione in termini molto forte.
Creiamo percorsi di crescita non di sfruttamento
Sono molto limitati quegli imprenditori che cercano di scaricare su lavoro e sui fruitori finali del prodotto i costi della loro produzione, sono destinati ad essere comete nel panorama economico ma forse a loro non interessa la longevità quanto la realizzazione di profitti subito?
Si parla tanto di ripresa economica e poi ci si attarda su queste polemiche spicciole da dopolavoro ferroviario di altri tempi? La selezione dei lavoratori è e deve essere sempre più accurata ma, probabilmente, è arrivato il momento di operare una selezione seria anche della classe imprenditoriale italiana.
Bisogna far capire a tutti che ognuno deve fare il proprio mestiere. Farlo nel migliore dei modi possibile e con spirito di servizio, senza alibi morali e materiali. Chi può e vuole crei lavoro vero, lasci il welfare a chi di dovere e non cerchi di mischiare le carte per nascondere le proprie pecche.