State uccidendo Napoli, questo il grido di dolore che squarcia il silenzio che ha lanciato don Mimmo Battaglia, Vescovo di Napoli di fronte all’escalation di violenza e di assassinii che sta scuotendo la città ed il suo immediato hinterland: da Ponticelli a Casavatore passando per Secondigliano. Un grido di dolore sentito e partecipato per scuotere le coscienze.
Le immagini che i Tg nazionali ed il web rimbalzano dai due giovani uccisi nella periferia nord ed est della città fino ai rapinatori che sventolano con naturalezza quasi le loro armi da guerra sotto il naso di famiglie e bambini al ristorante rischiano di creare solo il solo rigurgito di pancia e non creano una vera e sana riflessione sulla realtà.
Anche quello del Vescovo non è un atto di per se nuovo, la situazione attuale in città dal punto di vista dell’incisività delle organizzazioni criminali sul territorio non si discosta molto dal passato recente e remoto, ma quello che colpisce oggi è l’innalzarsi della ferocia degli atti e l’abbassarsi vorticoso dell’età delle persone coinvolte.
Stanno uccidendo Napoli!
don Mimmo Battaglia – Vescovo di Napoli
«Stanno uccidendo Napoli…La sta uccidendo la camorra e il malaffare, con la violenza e la crudeltà di coloro che hanno dimenticato di essere umani… La sta uccidendo l’indifferenza di coloro che si voltano dall’altra parte, credendo di poter stare tranquilli, non immischiandosi e non prendendo posizione… La sta uccidendo la scarsa attenzione della politica, nazionale e locale, che pare essersi abituata al sangue versato in terra partenopea, considerandola alla stregua di un paese in guerra!»
Parole forti che riescono a tirare le fila di un discorso accorato e allo stesso tempo lucido e preciso che individua attori e responsabilità e non fa sconti a nessuno.
Ovviamente, il richiamo è forte verso chi con le sue azioni sta creando alimenta il terrore in città per affermare il suo potere territoriale e tenere la città sotto scacco; ma fortissimo è il richiamo al potere politico locale e nazionale che non deve scendere a compromessi con queste forze e, soprattutto il richiamo a tutti a non voltare la testa e far finta di non vedere.
Il nuovo sindaco di Napoli ha chiesto, ancor prima di essere eletto, un Patto per Napoli con una condizione emergenziale sottesa che è proprio l’idea da sostituire con il rispristino dell’ordinarietà.
E’ dai tempi di Giolitti che ogni volta per Napoli si chiede sempre una legge speciale o un regime straordinario passando per la ricostruzione post terremoto dell’80 fino a noi.
Napoli non ha niente di speciale rispetto alle altre realtà metropolitane nazionali. Il problema delle organizzazioni criminali non si declina a Napoli in maniera differente che altrove, se non si romanza la realtà e si guarda con obiettività a cosa è la città.
Le ultime gestioni comunali sono state, ma anche quelle precedenti, fallimentari dal punto di vista della sicurezza del territorio con una gestione sempre rifuggita delle periferie urbane che da est ad ovest e nord attanagliano la città.
Stanno uccidendo Napoli dalle periferie
La questione delle periferie è fondamentale, o la si affronta e la si risolve oppure ogni intervento sarà destinato a fallire. L’agglomerato urbano periferico spinge sul centro cittadino e se non si da la gusta risoluzione sociale, territoriale, economica e politica tutto ciò che si potrà fare sarà la registrazione dei morti caduti in strada per mano criminale con l’avallo esplicito o implicito politico ed istituzionale.
Il sindaco dovrebbe essere messo in grado di capire che la prima cosa a cui mettere mano sono una serie di provvedimenti per le politiche attive sul territorio privilegiando la situazione delle degradate periferie a nord come ad est o ad ovest della città dove tre realtà come Secondigliano, Ponticelli e Bagnoli sono solo le punte di iceberg molto ma molto più grandi.
Non può il nuovo sindaco permettersi di dire che il primo pensiero, come ha fatto ventilare, è per il lungomare che va riaperto al traffico solo e semplicemente per giocare la carta uguale e contraria a chi fino a ieri si crogiolava di aver liberato il lungomare.
Stanno uccidendo Napoli che non è solo il lungomare
Napoli non finisce a via Caracciolo e nemmeno a Piazza Municipio o al Vomero o a Posillipo; se il sindaco e le forze che lo appoggiano non lo capiranno sarà davvero inutile qualsiasi cosa decidano di fare. Servono azioni coordinate con il governo centrale non solo di repressione della criminalità ma di costruzione sul territorio.
Serve dare ossigeno ad ogni realtà sociale vera esistente nelle periferie, quelle associazioni che lottano per recuperare anche un solo bambino dalla strada, per esempio. Bisogna iniziare, finalmente, una rivoluzione culturale che lavori sulla creazione e sul consolidamento della cultura della legalità con mezzi concreti e perché la legalità paga. Questo il concetto semplicissimo che bisogna divulgare.
Creare occasioni stabili di lavoro e di impegno sul territorio e per il territorio che non può più essere lasciato nelle mani di chi decide cosa farne a propria utilità. Ci vogliono azioni vere e concrete e non Patti scritti in politichese e suggellati da “bolle papali in gotico latino”. Signor sindaco la situazione è seria ma non grave? No, la situazione è seria e gravissima!
Il PNRR contro chi sta uccidendo Napoli
Il PNRR è l’Occasione, si scritta con la maiuscola e in grassetto, per finanziare quelle occasioni da creare e far uscire la città dall’abbraccio mortifero che la soffoca.
La compagine che siederà con i suoi rappresentanti a Palazzo San Giacomo sarà la più ampia immaginabile dopo anni di via vai politico che non ha mai permesso alla vecchia legislatura di essere credibile nell’allestire un minimo di piano sociale. Se non si partoriranno altro che i soliti topolini da parte dei soliti noti allora il fallimento sarà totale ed irreversibile.
Oggi il potere politico richiamato all’ordine da don Mimmo non ha più scuse: ha i numeri ed anche le fonti economiche e la via politica per fare e rilanciare veramente Napoli proiettandola a pieno nella realtà metropolitana che le spetta e compete.
Fate presto!
Questo il grido che oggi sale dalla città, parafrasando il titolo del maggiore quotidiano cittadino all’indomani del tragico 23 novembre del 1980, il grido che sale dalla parte sana della città che non vuole essere costretta ad intonare il definitivo e definitorio “fuitevenne a Napule” di eduardiana memoria.