Perché gli ebrei furono esclusi dallo sport negli anni Trenta? L’antisemitismo tedesco esploso con il regime nazista creò una condizione di autentica apartheid nel Paese. Negozi, associazioni, locali tedeschi erano interdetti agli ebrei che iniziarono a crearsi degli spazi alternativi. Lo sport non fece eccezione. La vetrina internazionale delle Olimpiadi del 1936 mise in difficoltà la Germania che dovette impegnarsi per nascondere ciò che realmente accadeva al suo interno. Il risultato fu che ai Giochi parteciparono anche atleti ebrei e una di loro addirittura in rappresentanza della Germania.
Lo sport e la discriminazione verso gli Ebrei
Come si manifesta il razzismo verso gli Ebrei nello sport? Tutto ha inizio in Germania con l’emanazione delle leggi razziali da parte del regime nazionalsocialista. Lo sport fu uno di quegli ambiti che servì al regime per diffondere il mito della razza “Ariana”. Le società sportive tedesche ebbero l’obbligo di accettare solo atleti ariani e di conseguenza di espellere tutti gli atleti non ariani (leggi ebrei e Rom). Gli atleti, esclusi dal circuito sportivo tedesco, si organizzarono in federazioni separate e si allenavano presso impianti sportivi separati. Agli atleti ebrei, infatti, era precluso l’accesso anche agli impianti sportivi frequentati dagli ariani. Inutile sottolineare che le squadre tedesche, per effetto di queste leggi, persero anche atleti di grande valore.
Quali furono gli scopi delle grandi manifestazioni sportive tra le due guerre?
Le Olimpiadi del 1936 si tennero a Berlino. L’assegnazione alla Germania dell’organizzazione dei giochi, avvenuta nel 1931, era un segnale chiaro. Un segnale di distensione verso il Paese che tornava alla ribalta nella scena internazionale dopo l’isolamento dovuto alla sconfitta nella prima guerra mondiale. In quei cinque anni, però, era accaduto qualcosa di importante di cui il mondo non aveva ancora capito la portata: l’ascesa di Adolf Hitler. Quando iniziarono i Giochi, Hitler era già diventato il Fuhrer, capo di Stato e di Governo della Germania; la sua dittatura che si proponeva come salvezza dalla Depressione, dai comunisti, dagli Ebrei era già consolidata. Le Olimpiadi ebbero inizio con una cerimonia trionfale. La città tirata fu a lucido per l’occasione: le bandiere con i cerchi olimpici sventolarono accanto alle bandiere nazionali con le svastiche, i cartelli anti ebrei sparirono, la propaganda tacque. Tutto doveva dare all’esterno l’idea di un Paese democratico e tollerante. Doveva nascondere sotto il tappeto la polvere del militarismo e del razzismo. La competizione sportiva fu come una pausa nella politica espansionistica tedesca; quando si concluse, la politica nazista proseguì il suo corso fino ad arrivare agli eventi che sappiamo.
Gli sportivi ebrei
Le polemiche internazionali sull’antisemitismo tedesco costrinsero la Germania ad ammettere Helen Mayer, atleta ebrea della squadra tedesca di scherma, a rappresentarla. Come dicevamo, il mondo non aveva ancora chiaro il progetto di Hitler per cui il movimento per il boicottaggio delle olimpiadi non fu compatto come forse avrebbe dovuto essere. Le società sportive ebree fecero pressione sugli atleti perché non partecipassero ai giochi ma con scarso risultato. Ogni atleta decise per sé. Tra i vincitori delle Olimpiadi di Berlino del 1936 ci furono anche 9 atleti ebrei.