(Adnkronos) – Spagna, Norvegia e Irlanda riconoscono formalmente lo Stato di Palestina in un’iniziativa mirata ad aumentare la pressione internazionale su Israele, mentre da Rafah continuano ad arrivare notizie drammatiche di stragi di civili.
L’ultima, avvenuta in un campo per sfollati, ha causato decine di morti e l’ammissione di un “tragico incidente” da parte del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu. Il riconoscimento è un segnale politico forte da parte di tre governi europei di orientamento politico differente (socialista quelli di Madrid e Oslo, liberal-conservatore quello di Dublino) e arriva a una decina di giorni dalle elezioni Europee.
La Francia, invece, si dice favorevole al riconoscimento dello Stato palestinese ma, precisa il presidente Emmanuel Macron, al “momento opportuno”. “Non esiste alcun tabù per la Francia, sono assolutamente pronto a riconoscere uno Stato palestinese”, ha dichiarato Macron dalla Germania. “Ritengo che questo riconoscimento debba arrivare al momento opportuno”, al termine di un processo che veda impegnati gli Stati della regione e Israele e che consenta “sulla base di una riforma dell’Autorità palestinese di produrre un risultato utile. Non farò un riconoscimento sulla base dell’emozione”.
Per Tel Aviv la mossa diplomatica di Spagna, Norvegia e Irlanda non avrà alcun impatto immediato sulla guerra a Gaza. A guidare il gruppo dei Paesi che hanno riconosciuto la Palestina, valutandone il ‘peso’ politico, è la Spagna del primo ministro Pedro Sanchez, che in un discorso dalla Moncloa ha parlato di “decisione storica che ha un unico obiettivo, ovvero, aiutare israeliani e palestinesi a raggiungere la pace”.
Il passo di Madrid, ha spiegato, non è “contro qualcuno”, tanto meno contro Israele – “una nazione amica che rispettiamo, che apprezziamo e con la quale vogliamo avere le migliori relazioni possibili” – ma “riflette il nostro rifiuto di Hamas, un’organizzazione terroristica che è contraria alla soluzione dei due Stati”.
Sanchez, secondo cui “la Cisgiordania e la Striscia di Gaza devono essere collegate da un corridoio, con Gerusalemme Est come capitale e unite sotto il governo legittimo dell’Anp”, ha inoltre ribadito la sua richiesta di un cessate il fuoco permanente, l’ingresso di aiuti umanitari a Gaza e il rilascio degli ostaggi ancora nelle mani da Hamas.
Il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, si è subito scagliato contro la Spagna con un durissimo post sul social X in cui ha associato la vice premier, Yolanda Diaz, ai due acerrimi rivali dello Stato ebraico, la Guida Suprema dell’Iran, Ali Khamenei, ed il capo di Hamas a Gaza nonché obiettivo principale della rappresaglia israeliana al massacro del 7 ottobre, Yahya Sinwar, accusando tutti e tre di di volere “la scomparsa dello Stato di Israele e la creazione di uno stato terroristico islamico”.
Nei giorni scorsi avevano fatto discutere le parole di Diaz, che riprendendo uno degli slogan di Hamas, aveva auspicato la nascita di uno Stato palestinese “dal fiume al mare” per poi scusarsi. Ma per Katz, annunciare il riconoscimento dello Stato palestinese significa essere “complici nell’istigare all’assassinio del popolo ebraico e ai crimini di guerra”.
Irlanda e Norvegia si sono unite alla Spagna nel formalizzare una decisione annunciata congiuntamente la settimana scorsa. Davanti alla Leinster House, sede del parlamento irlandese, da questa mattina la bandiera palestinese sventola accanto a quella europea e ucraina. “Questo è un momento importante e penso che mandi un segnale al mondo che ci sono azioni pratiche che si possono svolgere come Paese per contribuire a mantenere viva la speranza e l’obiettivo di una soluzione a due Stati in un momento in cui altri stanno tristemente cercando di bombardarla fino all’oblio”, ha dichiarato il primo ministro irlandese, Simon Harris, prima della riunione del governo che ha formalizzato la decisione. E secondo Dublino i primi effetti sono già visibili.
Dopo Il Consiglio Esteri di ieri a Bruxelles, il ministro irlandese, Micheal Martin, non ha mancato di sottolineare che “per la prima volta in un incontro dell’Ue, in modo reale, ho assistito a una discussione significativa sulle sanzioni” contro Israele. La Norvegia, che non è membro Ue ma spesso allinea la sua politica estera a quella del blocco, ha sottolineato tramite il ministro degli Esteri, Espen Barth Eide, che il riconoscimento dello Stato di Palestina rappresenta “una pietra miliare” per le relazioni bilaterali e ha evidenziato che Oslo è “da più di 30 anni” uno dei “più forti difensori” dei palestinesi.
Eide, che domenica ha consegnato al primo ministro e ministro degli Esteri palestinese, Mohamed Mustafa, un documento formale con il riconoscimento dello Stato di Palestina, ha espresso “fiducia” che “il governo palestinese continuerà il difficile lavoro di riforma e getti le basi per governare in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza dopo un cessate il fuoco”. Secondo il capo della diplomazia di Oslo, si tratta di “una ferma espressione di sostegno alle forze moderate di entrambi i Paesi”.
La decisione di Spagna, Irlanda e Norvegia ha provocato la stizza del governo israeliano che nei giorni scorsi ha chiamato per consultazioni i suoi ambasciatori in questi Paesi, sostenendo che rappresenta “una ricompensa” per gli attacchi dei “terroristi” di Hamas. Netanyahu ha bollato queste iniziative come provvedimenti unilaterali che Israele non riconosce e che frenano il processo di pace e ha respinto “i diktat internazionali su un accordo permanente con i palestinesi”, aggiungendo che un’intesa di questo genere può essere raggiunta solo tramite negoziati diretti tra le parti, senza precondizioni.
Finora sono 146 i Paesi che ufficialmente hanno riconosciuto lo Stato palestinese. Nell’ultimo mese Barbados, Giamaica, Trinidad e Tobago e Bahamas hanno compiuto il passo formale ed anche Malta e Slovenia hanno fatto sapere che potrebbero farlo presto. Nella lista non figura nessuna delle maggiori potenze occidentali, ma le decisioni di Norvegia, Irlanda e Spagna potrebbero dare nuovo impulso. Per i palestinesi, in ogni caso, si tratta di un risultato significativo che conferisce ulteriore legittimità internazionale alla loro battaglia. Concretamente nei tre Paesi che da oggi considerano la Palestina uno Stato a pieno titolo le missioni diplomatiche palestinesi vengono innalzate a livello di ambasciate e lo stesso accade alle rappresentanze di Oslo, Dublino e Madrid a Ramallah, la ‘capitale’ della Cisgiordania.
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