Ernesto Lama torna a calcare il palcoscenico del Teatro Nuovo di Napoli per dare corpo e voce allo spettacolo teatrale Sottovoce, omaggio in prosa e musica a Raffaele Viviani che vedrà al suo fianco, in scena, Marina Bruno ed Elisabetta D’Acunzo, accompagnati al pianoforte dal Maestro Giuseppe Di Capua.
Presentato da Compagnia Gli Ipocriti, l’allestimento offrirà al pubblico un’opera teatrale di grande impatto emotivo, che riporterà in vita alcune delle opere più famose del drammaturgo stabiese.
Nelle sue opere, Viviani racconta la vera natura della terra e degli uomini, le gioie, i dolori, i colori dell’anima, dai più tenui ai più accesi. Racconta la strada come mai nessuno ha fatto. Viviani è l’assenzio del teatro, che riesce a far volare pur restando attaccato al suolo, il dolce sapore col retrogusto spiritato, la vera essenza del teatro, quella che si afferra e non si accarezza.
“Anche se è poesia – sottolinea Ernesto Lama – quando vai a interpretarla la materializzi e diventa la tua vita. Bisogna avvicinarsi a tutto questo con grande rispetto e umiltà quasi da straniero, ricercando il vero significato della lingua e viaggiando in questo meraviglioso mondo, alla scoperta di emozioni e sentimenti”.
La messinscena, divisa in cinque quadri, si apre con la Piedigrotta, un omaggio alla festa, ai suoi carri e ai suoi strampalati personaggi come Mimì di Montemuro. Il secondo quadro riguarda “gli innamorati” con i più famosi brani sull’amore, in cui Tarantella segreta, ‘O nnamurato mio, Tanno ‘e mo s’intrecciano in un tourbillon di sentimenti e gelosie. Poi è la volta del “lavoro” con la famosissima Masterrico e la canzone della fatica.
Nel quarto quadro ci sono i guappi, dove tutto si tinge di rosso, come il fuoco, la passione, la forza. Qui, si alterneranno le arie più belle di malavita al femminile, Bambenella, Avvertimento, Ferdinando, ma anche una nota di colore, con ‘O guapp ‘nnamurato e ‘O malamente, interpretati dalle due donne.
La conclusione è affidata a un omaggio al varietà e all’operetta, con la famosissima Zucconas e la quasi inedita aria Don Checchino.
Si mette in scena un omaggio alla morte, facendo trionfare la vita attraverso dei semplici ma efficaci cambi d’abito, dove a camicia bianca, per esempio, simboleggia le morti sul lavoro. O, ancora, le donne diventano uomini con indosso una cravatta, per simboleggiare la loro forza e, al tempo stesso, la loro grazia. Il mondo non è maschio, ma è femmina, e l’uomo è solo di supporto a questa splendida figura.