Riti, antiche leggende, storie che risalgono ai celti ma che vivono tutt’oggi attraverso vecchie e nuove generazioni che di parola in parola tramandano la tradizione e la cultura irlandese. La manifestazione a cui assistiamo ci riporta questa volta non solo ai celti, ma anche ai nativi americani; parliamo del solstizio d’estate, per tante culture momento di nuova vita e luce, è infatti in astronomia il giorno più lungo dell’anno in cui il sole raggiunge, nel suo moto apparente lungo l’eclittica, il punto di declinazione massima con la terra.
L’evento viene celebrato dalla comunità irlandese sulle colline di Uisneach, nella Contea di Westmath, un posto magico, al centro dell’Irlanda, dove fin dall’epoca celtica solevano incontrarsi i re in un punto ben preciso dove tutt’ora si trova la Cat Stone, una conformazione antica dal significato mistico che vede tre pietre incastrate tra loro in modo particolare.
Qui si incontravano i re delle cinque antiche province: Ulster, Leinster, Munster, Connacht, and Meath per decidere le spartizioni territoriali. Ma quello che oggi ci riporta alla Cat Stone è la celebrazione del solstizio d’estate.
Riti e preghiere in un’attesa che ci riporta indietro di tanti anni, alle tradizioni celtiche che dunque non sono andate perse. La comunità che si riunisce qui è irlandese, sono persone che provengono da diverse contee e che si riuniscono nell’arco di un anno in diversi siti per celebrare occasioni particolari come solstizi, equinozi e date importanti per il calendario celtico.
La connessione tra la cultura celtica e i nativi americani è avvenuta 12 anni fa mi racconta Gerardette, lei viene dall’Irlanda del Nord, da quella parte dell’Isola che è rimasta agli Inglesi. «Dodici anni fa io e Pet siamo andati in America, in sud Dakota. Lì abbiamo conosciuto i nativi americani: Denis della tribù degli Apachi e Marcia della tribù dei Sami. Con loro abbiamo partecipato al rito del Sweate Lodge e lo abbiamo portato qui in Irlanda».
Quello che Kevin, l’anziano del gruppo mi dice è che la cultura irlandese non è morta, che è stata trapassata di generazione in generazione attraverso la parola, racconti tramandati di famiglia in famiglia perchè in epoca inglese era proibito agli irlandesi dare sfogo alle loro tradizioni secolari, alla musica. Anche Gina dice lo ricorda, per questo le musiche irlandesi hanno ritmi ricorrenti e dunque facili da ricordare. Kevin ha sulla settantina e forse più, ha viaggiato per gran parte della sua vita, è stato un’attivista nel partito laburista, ed anche lui insieme a Pet ha conosciuto i nativi americani. E il suo incontro è stato significativo racconta «Denis mi disse che aveva sognato il nostro incontro molto tempo prima e che avremmo dovuto trovare il nostro modo di celebrare la cultura irlandese e di mantenerla in vita, find your own way».
In cosa consiste questo rito ho la fortuna di vederlo con i miei occhi, e chiunque si trovi a vivere quest’esperienza se la porterà con se per la vita. I ragazzi si sono impegnati di buon ora a raccogliere legna per costruire la capanna, la Sweat Lodge – INIPI per i nativi americani. Dopo aver atteso l’alba con i pochi rimasti a fare la veglia mi imbatto proprio in Pet, il marito di Gerardette. Lui sta facendo il giro della collina dove si trova l’accampamento, tra le sue mani porta una piuma indiana e delle erbe fumanti per “purificare” in attesa del rito.
La Sweat Lodge è dunque una capanna di legno con una buca centrale nel terreno in cui verranno trasportate pietre incandescenti. È una capanna chiusa, coperta da lenzuola e l’aria è molto calda, tanto da diventare una sauna. Prima di entrare nella Sweat Lodge c’è il momento di preghiera. Sedute in circolo avvolgiamo un pezzo di tabacco in un panno che scegliamo tra i cinque colori presenti: bianco, rosso,verde,giallo e celeste. Avvolgiamo il tabacco nel panno e leghiamo con un filo, intingiamo la preghiera che ha preso forma nelle erbe fumanti. Queste preghiere verranno poi bruciate nella Sweat Lodge.
È il momento di entrare nella Sweat Lodge per i quattro round. La persona scelta per condurre il rito versa dell’acqua sulle pietre calde incandescenti producendo grandi quantità di vapore ed il rito prende vita. Il primo round inizia con una preghiera e con la ricerca dello spirito che guiderà la purificazione. Il secondo consiste nella preghiera individuale dei partecipanti che può avvenire ad alta voce o meno, ma alla fine di questa ognuno deve dire: Pilamaye che vuol dire grazie così da indicare che il tuo momento di preghiera è finito e può cominciarne un altro, fin quando tutti hanno svolto la propria preghiera. Alla fine del secondo round si esce fuori per rinfrescarsi e poi si rientra per il Pipe round. Viene passata ad ognuno la pipa con il Changshaga, che secondo il linguaggio dei nativi americani è il tabacco. Il quarto round è il momento del ringraziamento, tutti ringraziano gli spiriti della terra e ci si abbraccia l’un l’altro. Questa celebrazione può durare ore ed alla fine di ciò si mangia tutti insieme e poi ci si riposa.
L’obiettivo di questo rito è la liberazione e purificazione che in termini materiali avviene attraverso la sudorazione causata dall’alta temperatura, ma in termini spirituali attraverso la preghiera e la condivisione con gli altri di questo momento mistico. Il meeting volge dunque al termine ed ognuno è pronto per tornare a casa, arricchito di un’energia positiva che lo guiderà nelle proprie scelte. «Qui c’è una famiglia. Arrivederci figlia» dice Kevin l’anziano, e le sue parole questa volta sono solo un ulteriore chiarimento di un emozione fatta di calore umano e comprensione che erano evidenti già dall’inizio, fin dal primo contatto con queste persone.