In barba alle banche e alle agenzie creditizie, in rete si registrano moltissime realtà, ben conosciute dagli internauti, che permettono di acquisire on line risparmi di vario genere per prestarli, a tassi di interesse molto vantaggiosi, a nuclei familiari e aziende che richiedono un finanziamento.
Il fenomeno, introdotto nel 2005 in Gran Bretagna, appare molto vantaggioso sia per chi presta che per chi recepisce il denaro. Per chi investe, in effetti, i tassi si presentano più alti di quelli corrisposti con i sistemi tradizionali, per chi invece riceve il prestito le spese e le commissioni si abbassano notevolmente.
Il sistema funziona in questo modo: un software analizza il profilo di chi è in cerca del prestito, prendendo in considerazione dati quali l’area geografica, la tipologia di navigazione effettuata dall’utente, gli acquisti che normalmente effettua in rete, l’età e l’interazione con i vari social network elaborando il rating, ossia il profilo del cliente.
A chi presta, invece, è data la facoltà, in base ai livelli di rischio della transazione, di decidere a quale categoria assegnare il prestito, chiaramente, se minore risulta l’affidabilità del cliente finale più sarà elevato il tasso di interesse del prestito. Per evitare i rischi, se la somma messa a disposizione dovesse essere troppo elevata, questa sarà frazionata fra gli utenti, in modo da creare una sorta di mercato interno al network stesso che consenta la definizione dei tassi di interesse in tempo reale. Una borsa telematica insomma. Il guadagno.
Le piattaforme sulle quali avvengono le transazioni riescono a percepire una commissione che oscilla fra l’ 1 e il 5% corrisposta sia da chi presta che da chi acquisisce il prestito.
Secondo Smartika, la piattaforma di social lending italiana più frequentata, i soggetti ai quali viene erogato il prestito, tramite queste modalità, riescono a risparmiare in media il 25% rispetto ai tassi praticati dal sistema creditizio standard. Una bella somma, se rapportata al periodo di crisi economica in cui si trova il Paese.
Il fenomeno è di portata così imponente che alcuni operatori creditizi americani del sistema peer to peer hanno ben pensato di quotarsi in Borsa registrando in poche settimane una capitalizzazione di circa otto miliardi di euro. Cifre che lasciano pensare soprattutto, perché il sistema di prestito così pensato non è affidato a ragazzini inesperti, contrariamente a quanto si sia portati a pensare per associazione di idee.
Dietro le quinte ci sono esperti finanziari del calibro di Larry Summers consigliere economico di Obama. E’ chiaro che, come ogni rapporto che si crea in rete, anche il social lending presenta dei rischi per l’anonimità stessa della relazione. Rischio che assume particolare importanza se si parla di soldi. Il sistema così organizzato non consente di conoscere l’identità di nessuno dei fruitori del servizio; sia chi presta che chi riceve restano anonimi e non essendoci un quadro normativo di riferimento il creditore non è tutelato in alcun modo. Se la domma, per esempio, non dovesse essere restituita, il creditore non ha altri mezzi per la riscossione se non gli accordi siglati con l’intermediario.
Come ogni novità, dunque, bisogna andare cauti, risparmiare sì ma con le dovute tutele è meglio.