Le dichiarazioni del ministro per la Funzione Pubblica sui dipendenti statali e sul lavoro della pubblica amministrazione si rivelano ogni volta discordanti. In due incarichi presso lo stesso dicastero, Brunetta ha additato i dipendenti pubblici una volta come fannulloni e l’altra come risorse da valorizzare, ha proposto la sua riforma della pubblica amministrazione e ora è la volta del tema più in voga nell’epoca Covid: lo smart working. Definirlo come “un lavoro a domicilio all’italiana” non ha certamente reso giustizia a una scelta che da emergenziale potrebbe diventare definitiva. Le parole di Brunetta sullo smart working, che hanno alimentato la polemica sul tema, meritano, quindi, una riflessione.
Cosa è cosa non è lo smart working
Uno dei grandi equivoci che sorgono sul tema lavoro a distanza è quello che sovrappone il telelavoro allo smart working. Il primo prevede semplicemente lo svolgimento da casa dello stesso lavoro che si svolge in ufficio. Il nostro regolamento lo prevede già dagli anni Ottanta ma come strumento, finora, era stato poco utilizzato. Lo smart working, invece, come filosofia di lavoro è più recente ed è totalmente differente. Se ha in comune con il telelavoro lo svolgimento di compiti in un luogo diverso dall’ufficio e l’uso delle tecnologie, per il resto prende il via da tutt’altri assunti. Il lavoro in smart working, per esempio, procede per obiettivi stravolgendo le regole sui tempi e sulle modalità per raggiungerli.
La polemica di Brunetta sullo smart working
Il discorso di Brunetta, pronunciato nell’ambito del forum Ambrosetti di Cernobbio, ha evidenziato tutti i limiti dello smart working così com’è stato disposto durante la pandemia (perché ha avuto indubbiamente dei limiti). Questa forma lavorativa non prevede, infatti, contratti specifici, non è supportata da competenze tecniche adeguate. Così Brunetta ha deciso che, per quanto riguarda il piano sulla pubblica amministrazione, lo smart working proseguirà anche dopo l’emergenza ma in una misura non superiore al 15%.
Il futuro che è già presente
Purtroppo non esistono dati che possano dirci come lo smart working abbia impattato sull’efficienza della pubblica amministrazione italiana; esistono, però, evidenze per molti altri settori che hanno ricevuto enormi benefici dallo smart working. Benefici ricevuti anche dai lavoratori. Benefici anche per l’ambiente. Ecco perché molte grandi aziende, soprattutto d’oltreoceano, si stanno ristrutturando in questo senso. Lo smart working è sempre di più il futuro, o forse, potremmo dire, che è già il presente. Per attuarlo pienamente è necessario, però, sostituire i concetti limitanti come controllo, cartellino, con altri più performanti.
In copertina Foto di Pawel Grzegorz da Pixabay