(Adnkronos) – Dalla ricerca italiana nuove speranza contro la Sla. Uno studio della Fondazione Policlinico universitario Campus Bio-Medico e della Fondazione Irccs Istituto Auxologico Italiano mostra che “i campi magnetici possono essere impiegati come veri e propri farmaci per rallentare il processo degenerativo dei neuroni che riduce sempre più la capacità di muoversi dei pazienti con sclerosi laterale amiotrofica)”.
Dalla ricerca, pubblicata su ‘Lancet Regional Health Europe’, emerge che “dopo 24 mesi di trattamento con stimolazione magnetica cerebrale transcranica statica oltre il 70% dei pazienti con Sla è sopravvissuto senza necessità di ricorrere alla ventilazione meccanica, a fronte del 35% dei pazienti che non avevano ricevuto questo trattamento”. A coordinare il lavoro Vincenzo Di Lazzaro per il Campus Bio-Medico e Vincenzo Silani per l’Auxologico.
Sla, la metodologia del nuovo studio
La metodica utilizzata, spiegano dalle due strutture, è una nuova tecnica assolutamente non invasiva in grado modulare attraverso l’utilizzo di campi magnetici l’eccitabilità delle cellule nervose correggendo l’ipereccitabilità che porta a morte i neuroni motori nei pazienti con Sla Anche se le cause di questa patologia neurodegenerativa sono ancora sconosciute, recenti ricerche hanno infatti dimostrato che un’eccessiva risposta agli impulsi eccitatori da parte delle cellule nervose che controllano il movimento può innescare il processo degenerativo. Da qui l’idea di usare la stimolazione magnetica non invasiva al posto dei farmaci, una modalità definita per questo “elettroceutica”. L’approccio viene studiato nella Sla dal team di Di Lazzaro da oltre 20 anni. Diversi studi preliminari – illustra una nota – hanno suggerito che è possibile ottenere un lieve, ma significativo rallentamento della progressione di malattia.
Nuova forma di elettroceutica
Recentemente, poi, è stata introdotta una nuova forma di elettroceutica che utilizza un campo magnetico di tipo statico (emesso da un potente magnete) e che, per la sua semplicità di impiego, può essere utilizzata direttamente dai pazienti a domicilio, quotidianamente e per periodi prolungati. In uno studio preliminare del 2019 la stimolazione magnetica statica è sperimentata in 2 pazienti con una forma di Sla a rapida evoluzione, nei quali si è osservato un significativo rallentamento della progressione di malattia.
Sulla base di quell’esperienza è dunque avviato il nuovo studio, che ha coinvolto 40 pazienti Sla. L’obiettivo primario era valutare se la stimolazione fosse in grado di ridurre la progressione di malattia durante un periodo di trattamento di 6 mesi, ma al termine di questo periodo non si è osservato un significativo cambiamento nella velocità di avanzamento della malattia.
Un lungo studio
I ricercatori e i pazienti, però, non si sono arresi e lo studio è proseguito per altri 18 mesi, quindi per un totale di 2 anni, al termine dei quali i risultati osservati, al contrario di quelli emersi nel breve periodo, appaiono “estremamente promettenti”. “Si tratta di una differenza significativa che ci fa essere ottimisti, ma che deve essere considerata con prudenza – afferma Di Lazzaro, direttore della Neurologia della Fondazione Policlinico universitario Campus Bio-Medico di Roma – Infatti, quando uno studio non raggiunge l’obiettivo primario, ma l’evidenza di efficacia emerge da una prosecuzione del medesimo in una modalità cosiddetta in aperto, sono necessarie ulteriori conferme”, precisa lo specialista.
“Quindi – puntualizza – anche se i risultati ci rendono decisamente ottimisti, non possiamo concludere di aver trovato la cura della Sla. Possiamo tuttavia affermare con sicurezza che sono pienamente giustificati ulteriori studi che valutino l’efficacia della stimolazione magnetica statica in un maggiore numero di pazienti e con un periodo di trattamento prolungato”.
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