Circa 730.000 bambini siriani rifugiati nei Paesi limitrofi, quasi la metà di tutti coloro in età scolare, quest’anno non andranno a scuola e risulteranno quindi ancora più vulnerabili ed esposti ai matrimoni precoci e a forme di lavoro minorile, un numero che è aumentato di un terzo rispetto all’anno scorso.
È l’allarme lanciato da Save the Children, l’Organizzazione internazionale che dal 1919 lotta per salvare la vita dei bambini e garantire loro un futuro, alla viglia dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che si apre domani a New York e nella settimana in cui, nei Paesi mediorientali, è previsto il normale rientro degli alunni tra i banchi di scuola.
Il numero di bambini rifugiati siriani tagliati fuori dall’educazione è passato dal 34% del totale di coloro in età scolare registrato alla fine del 2016 al 43% odierno, mentre negli ultimi 12 mesi i bambini rifugiati siriani in Libano, Giordania e Turchia hanno perso più di 133 milioni di giorni di scuola. A livello globale, secondo un nuovo rapporto dell’Organizzazione, più della metà dei bambini rifugiati sono tagliati fuori dall’educazione e i giorni di scuola persi da 3,5 milioni di bambini rifugiati negli ultimi 12 mesi ammontano collettivamente a quasi 700 milioni.
I Paesi limitrofi, dove da anni vivono milioni di rifugiati siriani, hanno attuato una serie di cambiamenti apprezzabili per accrescere l’accesso all’educazione dei bambini rifugiati, tuttavia gli impegni assunti dai governi ospitanti e dai donatori da soli non possono bastare. La dipendenza delle famiglie dal lavoro minorile dei propri figli, il timore che le ragazze possano essere vittime di molestie o stupri mentre vanno a scuola e la mancanza di mezzi di trasporto rappresentano infatti ostacoli persistenti che vanificano gli sforzi profusi e causano l’abbandono scolastico da parte di bambini e adolescenti.
“Quando i bambini non vanno a scuola, sono più vulnerabili a forme di sfruttamento e abusi. L’educazione è in grado di restituire a questi bambini il loro futuro e può contribuire a proteggerli. Le scuole infatti garantiscono anche uno spazio sicuro per permettere ai bambini che sono fuggiti dalla violenza estrema di recuperare dalle sofferenze psicologiche che hanno vissuto”, ha dichiarato Helle Thorning-Schmidt, Direttore Generale di Save the Children International.
In Giordania, si stima che negli ultimi 12 mesi più di 90.000 bambini rifugiati abbiano perso 16,6 milioni di giorni di scuola; inLibano in 290.000 non hanno invece potuto frequentare 49,6 milioni di giorni scolastici, mentre in Turchia sono 66,6 milionii giorni a scuola saltati da 338.000 bambini rifugiati.
L’enorme divario educativo periste nonostante gli ampi impegni assunti al Vertice del leader sui rifugiati all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dello scorso settembre, quando i donatori e i principali governi ospitanti di tutto il mondo si erano impegnati per permettere l’accesso a scuola a un milione di bambini rifugiati.
Molte di queste promesse non erano tuttavia nuove e hanno rappresentato un rinnovo di quelle già annunciate in passato, come quelle fatte in occasione della Conferenza sulla Siria a Londra nel febbraio 2016. Tuttavia la vera sfida continua ad essere rappresentata dagli ostacoli che permangono all’accesso all’educazione, come dimostra il fatto che molti dei 300.000 posti a scuola a disposizione dei bambini rifugiati siriani nella regione risultino ancora vacanti.
“Lo scorso anno i leader mondiali si sono riuniti all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e si sono impegnati a fare molto di più per i bambini rifugiati e far sì che ognuno di loro possa tornare a scuola entro pochi mesi da quando è stato costretto ad abbandonare la propria casa. Tuttavia l’azione va ancora troppo a rilento. I governi devono rimuovere gli ostacoli che impediscono ai bambini di tornare a studiare e di contribuire alla ricostruzione dei loro Paesi”, ha affermato Helle Thorning-Schmidt.
“Questa settimana la comunità internazionale deve fare dei passi in avanti e dare seguito alle promesse fatte ai bambini rifugiati. Altrimenti, milioni di bambini rifugiati nel mondo, davanti alla prospettiva di un altro anno privati dell’educazione, continueranno a vedere scomparire il loro futuro. A questi bambini il futuro è stato rubato due volte: la prima volta, quando sono fuggiti dalla guerra e la seconda nel momento in cui continuano a vedersi negato il loro diritto all’educazione”, ha proseguito il Direttore Generale di Save the Children International.
Per quanto riguarda i bambini che vivono in zone di conflitto, si stima che in Siria quasi 2 milioni di minori sono ancora tagliati fuori dall’educazione, mentre in luoghi come Raqqa, dove negli ultimi mesi si sono registrati più di 150.000 bambini sfollati, risulta ancora particolarmente difficoltoso riportare i bambini a scuola.
“I bambini che hanno vissuto la guerra e che hanno sperimentato in prima persona le violenze estreme ci raccontano continuamente che hanno un disperato bisogno di tornare a scuola e ricominciare a studiare – ha dichiarato Sonia Khush, Direttore di Save the Children per la Siria – La nostra esperienza nei Paesi vicini dimostra che se siamo in grado di riportare i bambini tra i banchi di scuola e dare loro il supporto di cui hanno bisogno, possiamo realmente aiutarli a superare le sofferenze vissute. Ma per fare questo c’è bisogno di un impegno maggiore in termini di bisogni educativi e di supporto alla salute mentale dei minori”.
Se, da un lato, le iscrizioni dei bambini rifugiati siriani ai programmi di educazione formale nei Paesi limitrofi sono rimaste sostanzialmente stabili, si sono registrate invece forti riduzioni per quanto riguarda l’educazione informale, che è di fondamentale importanza per le comunità marginalizzate e per i bambini che non vanno a scuola da molti anni.
Save the Children e i suoi partner stanno intervenendo in varie parti della regione per garantire l’iscrizione dei bambini all’inizio dell’anno scolastico. Tuttavia, se gli impegni assunti non verranno concretizzati, per molti bambini rifugiati questo significherebbe restare fuori dall’educazione ancora per un altro anno.