È allarme tra i pediatri che nelle ultime settimane hanno riscontrato un aumento di casi di bambini ricoverati in terapia intensiva per malattie rare infiammatorie multisistemiche. Stati Uniti, Spagna, Francia e Italia sono tra i Paesi coinvolti dal fenomeno. Il dato inquietante è che circa la metà dei ricoverati per Sindrome di Kawasaki è risultato positivo al Covid 19.
Cos’è la Sindrome di Kawasaki
Per Sindrome di Kawasaki si intende una vasculite infantile a carico delle arterie di media e piccola dimensione e le arterie coronarie. Colpisce i bambini da 0 a 5 anni con un picco di casi intorno ai due anni. I sintomi che presenta sono:
- Febbre. La temperatura si mantiene alta per più di cinque giorni e resiste ad antibiotici e antipiretici;
- Congiuntivite. Arrossamento di entrambi gli occhi senza secrezione;
- Esantema. Rash cutanei simili a quelli del morbillo o della scarlattina localizzati sul tronco, sugli arti, sull’addome e nell’inguine;
- Linfoadenopatia cervicale. Ingrossamento dei linfonodi del collo che si induriscono e risultano doloranti al tatto;
- Lesioni alla bocca. Le labbra appaiono secche, così come la mucosa orale, e arrossate mentre la lingua diventa color rosso fragola e a volte violacea;
- Edemi. Sulle mani e sui piedi possono comparire degli edemi ai quali fanno seguito la desquamazione lamellare delle dita che parte dalla zona sotto le unghie.
La malattia ha una durata variabile che va dalle 2 alle 12 settimane e in genere si risolve in maniera spontanea. I casi mortali sono ricompresi nell’1% delle possibilità e si verificano per danni importanti a carico del cuore.
La relazione tra Sindrome di Kawasaki e Covid 19
Le cause della Sindrome di Kawasaki al momento sono ancora sconosciute. Alcuni scienziati credono che l’innesco sia un’infezione virale. Nello specifico, ritengono che la malattia sia una risposta anormale a un attacco virale all’organismo. Circa il 50% dei bambini ricoverati nelle ultime settimane per la malattia di Kawasaki è risultato positivo al Covid 19. Dato che sembra confermare questa tesi. Inoltre, la stragrande maggioranza dei casi registrati ha richiesto il ricorso alla terapia intensiva.
Fase 2: tana liberi tutti?
Il legame tra le due malattie non è ancora accertato anche se fa pensare che il maggior numero di casi si sia verificato in una delle zone più colpite dal Coronavirus, cioè Bergamo. Nelle prime settimane di diffusione del Coronavirus, le persone anziane sono state le più vulnerabili, poi la fascia d’età dei contagiati si è notevolmente abbassata e ora le informazioni che arrivano dal mondo pediatrico sulla sindrome di Kawasaki dimostra che il contagio può essere molto pericoloso anche per i più piccoli. Così la prudenza deve essere la cifra con la quale affrontare questo nuovo impulso alla fase 2.