La Sindone di Torino passata al vaglio dell’intelligenza artificiale svela il vero volto di Cristo. Il sudario di Cristo è da sempre studiato per definire i dettagli del corpo che ospitò e l’esperimento tentato nel Regno Unito sembra aver condotto a un risultato davvero straordinario.
Il nuovo volto di Cristo
L’esperimento è stato condotto dal giornale britannico “Daily Star” grazie all’aiuto di Midjourney. Il laboratorio di ricerca Midjourney ha realizzato un programma di intelligenza artificiale molto sofisticato in grado di creare immagini partendo da descrizioni testuali. Gli algoritmi del software hanno permesso di ricostruire il volto di Gesù con una definizione di particolari mai raggiunta prima. L’immagine sbiadita alla quale siamo abituati, spesso riprodotta su fondo nero, ha ceduto il passo a un’altra iperrealistica, una sorta di ritratto a carboncino capace di restituire anche l’espressione del volto. Nell’immagine diffusa si vede un uomo con lunghi capelli ondulati, occhi aperti, barba lunga, parte del busto dove si intravedono le tracce di alcune ossa.
Cos’è la Sindone di Torino
La Sindone è riposta in una teca per la conservazione all’interno di una cassa metallica sita, a sua volta, nell’ultima navata a sinistra della cattedrale di Torino. Viene esposta al pubblico solo in alcune occasioni stabilite dal pontefice che ne è il proprietario. In queste occasioni appare ai fedeli un lenzuolo di lino tessuto a spina di pesce lungo 4,41 m e largo 1,13. Reca impressa le immagini del corpo (potremmo dire il fronte e il retro) di un uomo che ha subito delle torture.
Nello specifico, le impronte di sangue suggeriscono che le torture subite siano compatibili con quelle narrate nei Vangeli sulla passione di Cristo. Ci sono anche delle macchie di sangue all’altezza della fronte che sarebbero compatibili con quelle provocate da un oggetto come una corona di spine. Tutti particolari che fanno propendere per l’ipotesi che quel lenzuolo sia il sudario nel quale sia stato avvolto Gesù dopo la deposizione dalla croce. La Sindone è da sempre al centro di studi e qualche studioso è ancora scettico sulla sua autenticità.
Il sudario di Cristo
Il primo a dichiarare che la Sindone fosse il sudario di Cristo fu, a metà del 1300 Goffredo di Charny. Non si sa come egli ne fosse venuto in possesso ma sappiamo che dopo la sua morte si aprì un’aspra battaglia per il suo possesso che terminò quando una sua discendente, Margherita di Charny la vendette ai duchi di Savoia nel 1453. La Sindone fu, dunque, conservata a Chambery, prima capitale del regno savoiardo e nel 1563 giunse a Torino nuova capitale. I Savoia fecero costruire una cappella per la sua conservazione tra il duomo e il palazzo reale e in seguito la fecero trasferire nel duomo, al posto dove è tutt’ora conservata. Quando nel 1983, morì Umberto II di Savoia (ultimo re d’Italia) morì, lasciò la Sindone in eredità al Papa. Giovanni Paolo II, papa dell’epoca, stabilì che la Sindone rimanesse al suo posto e nominò l’arcivescovo della città suo custode.
In copertina foto di Bruno Rossato da Pixabay