Due scarponi che affondano nella neve, le mani e gli occhi di una restauratrice, scenari metropolitani in bianco e nero, funerali di stato e processioni, immagini poetiche, volutamente estetiche, per dare corpo al silenzio, fisico e mentale, assoluto protagonista di SILENCE and RITUALS la rassegna video ideata da Beatrice Bulgari per In Between Art Film, a cura di Paola Ugolini che fino al 10 giugno 2018 è ospitata nella video gallery del MAXXI, e che costituisce il nuovo appuntamento di ARTAPES il programma di proiezioni del MAXXI.
La rassegna comprende i lavori di nove artisti internazionali Sigalit Landau, Masbedo, Hans Op de Beeck, Adrian Paci, Vanessa Beecroft, Regina Josè Galindo, Janis Rafa, Mircea Cantor, Democracia di cui vengono proiettati lavori prodotti tra il 2011 e il 2017, scelti per rappresentare quella magica sospensione di suono e di tempo che precede e accompagna le cerimonie e i riti, sia laici che religiosi.
Di Vanessa Beecroft (Genova, 1969) viene presentato il video della performance VB82 (2017) girato nell’affascinante spazio della Certosa di San Lorenzo a Padula. La performance mette in scena un rituale mistico e cristologico, con 13 uomini di diverse età, che nello spazio vuoto del refettorio della certosa, abbigliati con una tunica bianca, con capelli e barbe lunghe o volti imberbi dai tratti angelici, rievocano l’iconografia tradizionale di Cristo interpretata dalla storia dell’arte; all’esterno 300 abitanti del circondario, vestiti di bianco, in una lunga processione, ricordano i monaci Certosini che un tempo abitavano il convento.
Mircea Cantor (Oradea,1977) è un artista che realizza opere in cui osserva e mette in scena la società contemporanea sottolineandone con humor le profonde contraddizioni. Nella rassegna viene presentato il video Funia (2017) in cui la mano dell’artista percorre il motivo decorativo esterno, a forma di corda, di una chiesa di legno tipica della Transilvania. La corda è un motivo ricorrente nel lavoro di Cantor, mutuato da elementi della tradizione rumena, e la mano che la percorre sembra volerne sottolineare la materialità, legata all’architettura e quindi allo spazio della comunità, a contrasto con il significato spirituale di legame tra corpo e anima che assume nella tradizione religiosa ortodossa.
Ser y Durar (Essere e Persistere, 2011) è il titolo del video del duo di artisti spagnoli Democracia (Pablo España e Iván López), che per realizzarlo hanno collaborato con un gruppo di giovani traceurs(tracciatori) chiamati a praticare la loro disciplina, il parkour, all’interno del cimitero acattolico dell’Almudena di Madrid.
Il parkour che nasce in Francia negli anni Ottanta consiste nello studio dell’architettura urbana, in cui viene tracciato un percorso da eseguire con la massima precisione e agilità, superando qualsiasi barriera architettonica con le sole possibilità del corpo umano. Il video ambientato nel Cimitero Civile di Madrid, in cui ha trovato sepoltura chi non apparteneva alla Chiesa Cattolica stabilisce una tensione tra la mobilità di questa pratica e l’immobilità della necropoli.
La guatemalteca Regina Josè Galindo (Città del Guatemala, 1974) usa il suo corpo, fragile e spesso nudo, per denunciare la violenza contro le donne e più in generale quella sociale, politica e culturale della società contemporanea. Nel video della performance La Intencion (2016), l’artista ha messo in scena un rituale: in piedi su un’ara rudimentale di pietra, l’artista viene man mano ricoperta e avvolta da fascine, solitamente utilizzate per costruire la grande pira che ogni anno, il 16 gennaio, viene incendiata in onore di San Antonio Abate. Una riflessione sulle costrizioni che le donne subiscono ma anche una potente rappresentazione della simbiosi fra natura e corpo.
Dell’artista israeliana Sigalit Landau (Gerusalemme, 1969) viene presentato il video Salted Lake (Salt Crystal Shoes on a Frozen Lake) (2011) girato in una piccola città della Polonia, in cui due scarponi da lavoro ricoperti di sale del Mar Morto cristallizzato dal gelo, sprofondano lentamente sulla superficie ghiacciata di un lago dell’Europa Centrale; un’immagine struggente nella sua tragica semplicità che mostra tutta la sofferenza e il dolore dello sradicamento, il peso della memoria e della Storia.
La vicenda professionale ed esistenziale della restauratrice Pinin Brambilla Barcilon, è al centro diMadam Pinin l’ultimo lavoro dei MASBEDO (Nicolò Massazza, Milano 1973, Iacopo Bedogni, Sarzana 1970), una delicata riflessione visiva sul concetto di bellezza e della sua conservazione. Tra il 1977 e il 1999 Pinin Brambilla ha dedicato la sua vita al restauro del Cenacolo di Leonardo da Vinci: la storia di quel restauro, tra le più complesse operazioni mai realizzate nella storia di questa disciplina è raccontata dagli artisti in un video focalizzato sui dettagli di mani, viso e occhi della restauratrice che diventano i protagonisti dell’opera.
Hans Op de Beeck (1969, Turnhout) nei venti ipnotici minuti del video Staging Silence (2) (2013) mette in scena una serie di diorami che rappresentano solitari scenari architettonici in bianco e nero in cui si alternano momenti di grandi lirismo a momenti quasi comici. Il video si basa su scenari archetipici nei ricordi dell’artista, anonimi spazi pubblici di cui negli anni ha fatto esperienza. Il bianco e nero del video enfatizza questo aspetto ambiguo di oscillazione fra realtà e immaginazione.
Di Adrian Paci (Scutari, 1969) viene proiettato Interregnum (2017) che parte dall’analisi della massa umana per arrivare al soggetto singolo. Il video mette insieme momenti estrapolati da celebrazioni di funerali di dittatori comunisti recuperati in archivi e televisioni nazionali: queste immagini raccontano il corpo politico che agisce in sincrono con la volontà imposta dal regime, ma anche un altro potente protagonista della scena pubblica, il dolore, che muove la massa dolente del popolo.
Nel lavoro di Janis Rafa (Grecia, 1984), Winter Came Early (2015) l’artista indaga la condizione di mortalità, lutto e melanconia in relazione al mondo naturale. Nel video l’impatto violento di una macchina scrolla vigorosamente un mandorlo per dieci secondi, provocando la caduta prematura delle foglie, catturata da una fotocamera ad alta velocità. L’opera diventa una metafora dell’intervento brutale dell’uomo sulla natura e allo stesso tempo della caducità della vita.