Continuano i lavori nella vigna sperimentale nata dal progetto Archeologia del vino in Italia: un esperimento siciliano condotto dall’Ibam-Cnr in collaborazione con la cattedra di ‘Metodologie, cultura materiale e produzioni artigianali nel mondo classico’ dell’università di Catania
‘Finita questa operazione (la potatura, ndr), segue, come ho già detto, il lavoro di dare sostegni e gioghi alla vigna. Per renderla più stabile sono preferibili dei pali grossi, piuttosto che dei paletti […]’. Seguendo le parole del De Re Rustica (IV,26), opera dell’agronomo latino Columella vissuto nel I secolo d.C., gli archeologi dell’Istituto per i beni archeologici e monumentali del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibam-Cnr) continuano i lavori nella vigna ‘romana’ sperimentale nata nel 2013 nell’ambito del progetto Archeologia del vino in Italia: un esperimento siciliano. Il progetto è nato con la collaborazione della cattedra di ‘Metodologie, cultura materiale e produzioni artigianali nel mondo classico’ dell’università di Catania ed oggi continua anche con il supporto della Scuola di specializzazione in beni archeologici dell’università di Catania.
‘L’esperimento sta cercando di riprodurre nella Sicilia odierna un piccolo vigneto romano – spiega il direttore dell’Ibam-Cnr, Daniele Malfitana. Per far questo si seguono, da un lato, le ‘istruzioni’ contenute nei testi antichi e, dall’altro, si praticano utili confronti etnografici tra strumenti e tecniche descritti e utilizzati dai romani e le metodologie e tecniche in uso fino a qualche anno fa nelle vigne italiane’.
‘Proprio in questi giorni, grazie alle indicazioni contenute nel testo di Columella, è stato possibile eseguire, dopo le operazioni di potatura, anche la palizzatura della vigna la quale, ormai, è giunta ad una certa maturità ed è prossima ad una congrua produzione di uve. La nostra fonte è chiara nell’indicare i pali spaccati di castagno come tipo ideale di sostegno alle viti e suggerisce anche quali processi seguire e quali strumenti utilizzare per preparare i pali e legare le viti’, prosegue Mario Indelicato, esecutore del progetto. ‘Fondamentale in questa fase è stato anche il confronto con i dati di scavo di alcune vigne rinvenute negli anni ’70 a Pompei dove, tra l’altro, l’Ibam-Cnr sta conducendo una campagna di ricerca e documentazione nella Necropoli di Porta Nocera nell’ambito del Pompeii Sustainable Preservation Project’, continua Malfitana.
‘Di pari passo all’esecuzione dei lavori in vigna continua lo studio delle fonti scritte e di quelle archeologiche per la messa a punto di un protocollo di produzione sperimentale di un vino romano secondo quanto indicano le ricette degli autori latini’, afferma Malfitana che è anche titolare della cattedra di Metodologie, cultura materiale e produzioni artigianali presso l’università di Catania e coordinatore del programma. ‘La prima vendemmia romana è ormai prossima ed occorre studiare e progettare anche un sistema di stoccaggio e conservazione della bevanda ottenuta dalle uve prodotte dalle viti fornite dall’Uos 2 di Marsala dell’Assessorato all’agricoltura della regione siciliana’ conclude Indelicato.
Tra qualche tempo, quindi, potremmo gustare un vino dal sapore antico grazie al quale potremo aggiungere alla nostra conoscenza del mondo romano un altro importante tassello frutto di un profondo lavoro di studio e riproduzione di tecniche, procedimenti e conoscenze del passato.