La storia è sempre quella: si nasce, e poi si prova a vivere. Ci si innamora e si scopre il sesso e magari ci si sposa, oppure no, ci si perde, si divorzia. Si incontra un nemico e lo si combatte, oppure no, siamo noi il nemico. Si insegue la propria ambizione e si corona un sogno oppure no, si cade sul percorso, vittime dello stress.
Poi invece capita che vai a pranzo da tua nonna e nel fumo della pasta “alla zozzona” ti coglie l’illuminazione: no, la storia in realtà è sempre diversa, dipende da come la racconti. Dipende dalla memoria. E allora, Claudio parte, deciso ad attraversare Roma in un viaggio con nonna Lea, inseguendo la storia e i pensieri di una generazione – quella degli over-70 – con cui il dialogo gli appare più facile e fecondo che con quella dei padri. La vicenda di Lea si intreccia poi ad altre tre, liberamente reinterpretate a partire da lunghe interviste: quelle di una giornalista battagliera, di un artista appassionato, di una sportiva innamorata del mare.
Mentre il gioco sempre più intimo delle domande e delle rivelazioni trasforma un semplice viaggio in macchina in un’avventura picaresca, intrisa di realismo magico, Claudio Di Biagio tesse nel suo racconto, dal titolo “Si stava meglio”, la più dirompente delle verità: la realtà vissuta da uno è sterile, se non diventa esperienza regalata a tutti. E la sua generazione, così spesso definita “in crisi di futuro, respiro ed entusiasmo”, ha bisogno di storie vere per crescere, ne ha bisogno come dell’aria, come della luce. Perché solo al ritmo della parola – reale, onirica, malinconica e ruggente – il cuore può tornare a battere.