Secondo il Rapporto 2014 “Waste Watcher – Knowledge for Expo” redatto da Andrea Segrè, presidente di Last Minute Market e Maurizio Pessato, presidente di SWG, sono aumentati del 18% gli italiani che mangiano cibo scaduto per colpa della crisi. L’obiettivo del “Waste Watcher” è «di fornire alla collettività strumenti di comprensione delle dinamiche sociali, comportamentali e degli stili di vita che generano e determinano lo spreco delle famiglie, al fine di costituire una base di conoscenza comune e condivisa, in grado di orientare le politiche e le azioni di prevenzione dello spreco alimentare degli attori pubblici e privati». Nel report, infatti, l’81% degli italiani, alla domanda “Quando un alimento è scaduto lei cosa fa di solito?” ha risposto “Controllo che non sia andato a male e lo riutilizzo”.
24 Ottobre 2014
SI AI CIBI SCADUTI PER COLPA DELLA CRISI
Scritto da Giulio Nocerino
L'anteprima del rapporto Coldiretti/Censis sul tema degli effetti della crisi ha evidenziato un aumento del 130% di persone che non hanno un pasto proteico almeno ogni due giorni. E' il ritorno della "cucina povera" e l'aumento della consumazione, da parte degli italiani, di prodotti scaduti.
Come emerge da un’analisi della Coldiretti su dati Istat, all’anteprima del rapporto Coldiretti/Censis sul tema “Gli effetti della crisi: spendo meno, mangio meglio”, dal 2008, l’anno di inizio della crisi, è cresciuto del 130% il numero di persone, circa 11 milioni, che non hanno un pasto proteico almeno ogni due giorni. E’ tornato il tempo della “cucina povera”: ora gli italiani riutilizzano gli avanzi che tempo fa erano considerati scarti. In cucina si tende, quindi, a recuperare tutto e a riprendere in extremis prodotti scaduti. Quando ci sono le offerte, secondo la Coldiretti, il cliente acquista troppi alimentari e si trova in casa grosse quantità di cibo che mangia anche dopo la scadenza: «Quasi un italiano su tre accumula nelle dispense riserve alimentari come non avveniva dai tempi di guerra, per un totale di 8,3 milioni di famiglie che fanno regolarmente scorta di prodotti in offerta con le promozioni, ai quali si aggiungono 14,3 milioni che lo fanno di tanto in tanto».
La Coldiretti ha creato, quindi, una breve guida ai consumatori sui cibi da consumare a tavola con i rischi di sicurezza alimentare. Secondo la Confederazione «la ridotta capacità di spesa è confermata dal fatto che le persone in condizioni di povertà assoluta hanno raggiunto il record di 6 milioni e 20mila individui nel 2013. In tale situazione più di otto italiani su dieci, l’81%, per non acquistare sono arrivati a non buttare il cibo scaduto e a mangiarlo, con una percentuale che è aumentata del 18% dall’inizio del 2014».
La guida distingue tra Termine Minimo di Conservazione (TMC) – il solito “da consumarsi preferibilmente entro” – e Data di Scadenza. Per la Coldiretti la TMC segnala la data fino alla quale il prodotto mantiene le proprietà organolettiche e gustative (o specifiche nutrizionali) pur mantenendo qualche rischio per la salute in caso del superamento della stessa. Ovviamente più passa il tempo, più il prodotto perde il sapore, l’odore e la fragranza. La Data di Scadenza, invece, è la data entro la quale il prodotto deve essere assolutamente consumato. Per evitare rischi importanti e gravi per la salute, questo limite non dev’essere superato. Secondo Andrea Segrè, la data di scadenza è “poco più che artificio” e ha dichiarato di mangiare spaghetti scaduti da 6 mesi, scatolette di tonno da 5 anni e yogurt da 5 mesi. Secondo la dottoressa Laura Toti, microbiologa del Dipartimento di sicurezza alimentare dell’Istituto Superiore di Sanità, i cibi “da consumarsi entro” «si deteriorano molto più rapidamente, con una perdita molto netta delle qualità tipiche del prodotto, e anche con possibili conseguenze per la salute» mentre quelli “da consumarsi preferibilmente entro” «possono essere consumati anche per qualche tempo oltre la scadenza, sicuramente senza danni per la salute».
A maggio di quest’anno Olanda e Svezia, con l’appoggio di Austria, Germania, Danimarca e Lussemburgo, hanno chiesto all’Unione Europea la cancellazione dell’obbligo di indicare con un’etichetta il termine minimo di conservazione per prodotti “secchi” come pasta, riso e caffè. La proposta, ritenuta da alcuni provocatoria, è stata quella di «considerare in futuro la possibilità di estendere la lista dei prodotti con una lunga shelf life e che mantengono le proprie qualità per un periodo molto lungo che potrebbero essere esentati dall’obbligo di indicare in etichetta la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro”». La risposta dell’Italia è stata, però negativa: per il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, per trattare un tema del genere ci vuole approfondimento e molta prudenza; secondo la Coldiretti è il «solito tentativo dei Paesi del Nord Europa di livellare il cibo sulle tavole europee ad uno standard di qualità inferiore al nostro con la scusa di tagliare gli sprechi alimentari che nell’Unione europea hanno raggiunto il quantitativo record di 89 milioni di tonnellate di cibo. Secondo la Confederazione «l’ipotesi di eliminare completamente la data di scadenza dalle confezioni di pasta, riso e caffé desta grande preoccupazione. La necessità di ridurre al minimo gli sprechi alimentari non si deve scontrare con la qualità dei prodotti che le famiglie acquistano».
Secondo “Eurobarometro”, un sondaggio periodico della Commissione Europea che confronta gli aspetti comportamentali di alcuni popoli dell’Europa, il 27% degli italiani, ha risposto sì alla domanda “pensate che sia sicuro consumare prodotti alimentari dopo la data di scadenza indicata sull’etichetta?”. Si evidenziano le alte cifre di popoli come estoni (47%), danesi (47%), sloveni (50%), lettoni (51%), tedeschi (65%), lussembrughesi (69%), belgi e olandesi (73%), francesci (74%) e finlandesi (75%). La risposta è chiara: molti Paesi europei “non si fidano” della data di scadenza sul prodotto e consumano il prodotto scaduto.
Per l’UE la cattiva organizzazione dei consumi alimentari costa 500 euro l’anno a ogni italiano. Grazie ad un’app come FrigOK (lanciata da Bofrost, la più grande azienda di vendita diretta di specialità surgelate), il consumatore può evitare gli sprechi di cibo e denaro e può inserire tramite smartphone o tablet la foto del prodotto, la quantità e la data di scadenza. Vari bollini colorati comunicano, quindi, se l’alimento è vicino alla scadenza o può essere ancora conservato. Con una notifica il consumatore può sapere, poi, se nel frigo c’è qualcosa da consumare al più presto.