Sfruttamento sul lavoro: dopo la morte di Satnam Singh, riprende con forza la lotta al caporalato. La triste vicenda del bracciante agricolo indiano ha riacceso il faro sul problema. Dopo la legge del 2016 che aveva istituito il reato di caporalato, ora è il momento di aumentare i controlli sul lavoro nero e sul lavoro grigio.
Sfruttamento sul lavoro: cosa dice la legge sul caporalato
La L. 99/2016 ha istituito il reato di caporalato, inteso come intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. La pena prevista va da uno a sei anni di reclusione, oltre a una multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore. Da cinque a otto anni di reclusione con sanzione pecuniaria da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore è applicata in caso di reato aggravato. L’aggravante consiste nella violenza o nella minaccia con la quale i lavoratori sono trattati. Può essere punito per reato di caporalato non solo chi recluta manodopera per destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento ma anche il datore di lavoro che assume o impiega lavoratori in condizioni di sfruttamento, approfittando del loro stato di bisogno.
Per valutare gli indici di sfruttamento, viene in aiuto l’art. 603bis del Codice penale al comma 3 che stabilisce le condizioni:
- corresponsione ripetuta di retribuzioni difformi da quelle indicate dai contratti collettivi
- violazione della normativa circa gli orari di lavoro, periodi di riposo settimanale, ferie e aspettativa obbligatoria
- violazione delle norme di igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro
- condizioni di lavoro, sorveglianza e alloggi degradanti
Le aggravanti del reato sono, invece:
- reclutamento di più di tre lavoratori
- reclutamento di lavoratori in età non lavorativa
- esposizione dei lavoratori a situazioni di grave pericolo
Il contributo di Inps e Inail
Particolarmente diffuso in ambito agricolo, lo sfruttamento dei lavoratori si verifica in tanti altri settori. Per sradicare il fenomeno è necessaria una fitta rete di controlli. L’emendamento al decreto Agricoltura depositato alla commissione Industria del Senato va proprio in questa direzione permettendo all’Inps e all’Inail di assumere nuove unità addette ai controlli. L’Inps potrà assumere fino a 403 unità tra funzionari e ispettori di vigilanza. L’Inail, invece, potrà assumere fino a 111 unità. Il reclutamento avverrà tramite concorso pubblico per titoli ed esami su base regionale e si avvarrà anche delle tecnologie digitali.
Le assunzioni saranno un ulteriore tassello nel percorso dell’Inps intrapreso già nel triennio 2021-2023 di controllo nell’ambito del lavoro agricolo e di contrasto al caporalato. L’azione di contrasto al lavoro sommerso, ha dichiarato lo stesso ente, sarà indirizzata verso tutte le forme di lavoro irregolare, incluso il cosiddetto lavoro grigio.
Lavoro nero e lavoro grigio
Se lavoro nero è un concetto ormai chiaro, quello di lavoro grigio lo è un po’ meno. Per lavoro sommerso, comunemente detto lavoro nero, si intende, infatti, una condizione lavorativa priva delle coperture previdenziali e di tutte le garanzie e le tutele previste dalla legge. Ciò avviene perché non vi è alcun contratto registrato tra datore di lavoro e lavoratore. Il datore di lavoro in questione, dunque, non paga neanche le relative imposte dovute.
Il lavoro grigio, invece, è una tipologia formalmente regolare che però prevede al suo interno spazi di irregolarità. In questo caso il contratto di lavoro esiste, è registrato ma non corrisponde alle condizioni reali. L’esempio più comune è l’inquadramento lavorativo part time con un orario lavorativo effettivo full time. Segue la corresponsione della retribuzione in forma “mista”. Una quota è corrisposta attraverso la busta paga, un’altra viene corrisposta “fuori busta”. Anche questa tipologia di lavoro concede ampi spazi di irregolarità su malattia, straordinari, riposi e ferie.
In copertina foto di Jill Wellington da Pixabay