Uno degli approcci alla mitigazione del cambiamento climatico è basato sul ‘sequestro’ (assorbimento) dell’anidride carbonica atmosferica nel suolo, in fondo all’oceano, o nelle rocce. In particolare, alcuni minerali possono reagire con la CO2 contenuta nella precipitazione, assorbendone una parte che rimane intrappolata nella roccia stessa.
A Montecastelli, nelle colline toscane, è stato da poco scoperto un eccezionale sito in cui questo tipo di reazione, detta ‘processo di carbonatazione‘, avviene spontaneamente in particolari rocce chiamate serpentiniti. Queste sono rocce che nel corso dei milioni di anni sono state portate dalle profondità del mantello ai fondali oceanici fino alla posizione attuale, hanno intrappolato acqua nel reticolo cristallino formando minerali come brucite e serpentino. Nella carbonatazione di queste rocce avvengono reazioni chimiche che portano all’assorbimento e poi al sequestro mineralogico di CO2, permettendo di intrappolare ingenti quantità di anidride carbonica con la formazione di carbonati di magnesio.
Un lavoro recentemente pubblicato sulla rivista scientifica Lithos, nel quale un team dell’Istituto di geoscienze e georisorse ha analizzato questo processo in alcuni affioramenti di rocce ofiolitiche toscane, ha evidenziato l’evoluzione petrologica e geochimica delle serpentiniti durante la loro interazione con acque meteoriche ricche in anidride carbonica.
Chiara Boschi dell’Igg-Cnr, primo autore del lavoro, spiega: “In base alle analisi e alle osservazioni in campo, la dissoluzione di brucite pura, un minerale estremamente reattivo anche nelle condizioni abitualmente osservate sulla superficie terrestre e presente nelle serpentiniti, porta alla formazione di idromagnesite con un assorbimento e sequestro di anidride carbonica di ben tre volte maggiore rispetto a quanto osservato in presenza di brucite meno pura (per esempio contenente ferro).“
Questa scoperta mette in luce limiti e potenzialità del sequestro mineralogico della CO2 per la mitigazione dell’effetto serra e del riscaldamento globale. “Il nostro studio“, continua Chiara Boschi, “permette di identificare quali siano i minerali che portano a una maggiore efficienza della reazione di assorbimento della CO2. Queste indicazioni sono quindi fondamentali per l’applicazione della tecnologia di sequestro mineralogico dell’anidride carbonica.“