Le luci di Natale illuminavano l’assenza di lei. Billy guardava l’albero e la coda si muoveva in uno scodinzolo appena accennato. “Non è granché vero? La mamma lo faceva meglio.” Ivano accarezza il piccolo Chihuahua e ricorda la cura con cui lei allestiva l’albero, era un rito di precisione. Lei, primo Natale senza lei, ma verranno i ragazzi e vedere che ho fatto l’albero sarà per loro un segnale che sto meglio, non voglio dargli pensieri. Billy zampetta attorno all’albero, “Ti sto facendo diventare obeso mio caro, non so dirti no quando chiedi cibo. La mamma mi rimproverava sempre quando ti passavo qualche pezzetto da sotto il tavolo durante la cena, ricordi?” Ora non c’è più nessuno che mi bacchetti per tutte le cose sbagliate che faccio.
“Su Billy andiamo a fare la nostra passeggiata, tranquillo non ti farò fare lunghi percorsi, siamo pigri noi, quando tornavi dalle passeggiate con lei eri sfinito, lei amava camminare.” Per strada incontro persone che mi salutano con un misto di compassione e gentilezza, sono il vedovo ormai, mi ci devo ancora abituare. Anche il modo in cui sei morta, così traumatico e veloce, un pirata della strada ha segnato il tuo destino. “Billy te la senti di fare una puntatina al centro commerciale? Compro i regali ai ragazzi, tranquillo, ti metto nel carrello, pigrone!” Di ritorno a casa mi improvviso impacchettatore di regali. Prima volta nella mia vita, di solito pensava a tutto lei, quei pacchetti non avevano una piega fuori posto, i miei sembrano sopravvissuti a una guerra. Sorrido, conta il contenuto.
“Ora a nanna Billy che domani arrivano i ragazzi.” Prendo la pallotta di pelo obeso e lo adagio nel tuo lato del letto, il piccoletto da solo non c’è la fa a salire, lui si colloca come un pascià sul tuo cuscino, da quando non ci sei lo faccio dormire nel letto. Chissà quanti rimproveri mi stai facendo da lassù. La mattina comincio presto a trafficare ai fornelli, sarà un pranzo di Nalale meno sontuoso, tu eri insuperabile, ma sicuramente i ragazzi non moriranno di fame, farò del mio meglio, che per te sarebbe stato il peggio, ma tu non ci sei e io sto dissacrando e sporcando in modo oltraggioso la tua sacra cucina. I ragazzi arrivano e io ho portato a termine il mio primo menù natalizio, con orgoglio li porto nella stanza da pranzo, “Papà bravissimo, ma hai fatto tutto da solo?”
Io sorrido, mi succede spesso di sorridere negli ultimi tempi. I ragazzi mentre si spazzolano tutto ciò di commestibile che c’è sul tavolo, mi raccontano la loro vita, Erica ha finalmente cambiato facoltà, nessuno la rimprovererà per questo, non aveva il coraggio di farlo prima, sapeva che tu non saresti stata d’accordo. Enrico è entrato in una band, gli brillano gli occhi quando ne parla. Quanto li amo, sono dei bravi ragazzi. Tu non eri mai contenta di loro, “Sono senza spina dorsale.” così mi dicevi sempre.
E io che tentavo di farti capire quale fortuna avevamo ad avere due gioielli di figli, ma per te erano fatti della peggiore lega esistente al mondo forse perché per il cinquanta per cento erano me. E tu hai sempre ritenuto che io non fossi alla tua altezza. Inizialmente ti amavo così tanto che il tuo calpestarmi quasi mi piaceva, ma quando hai iniziato a torturare i ragazzi il mio amore per te è sparito, ti ho vista per quella che eri veramente. Io sono sempre stato il loro rifugio, tu eterna insoddisfatta, li hai fatti sempre sentire mai all’altezza, sempre additati come degli imbecilli. Principalmente l’ho fatto per loro. Anche per me, per carità, non voglio fare l’eroe, la nostra vita insieme era diventata insostenibile, e quando ti ho detto ti lascio, mi hai minacciato.
Non ho mai capito che problema avessi, ma tendevi a distruggere chi avevi accanto. Vedi cara, ce la caviamo abbastanza bene senza di te, tu dicevi sempre, senza di me crollereste tutti. Come vedi non siamo crollati, anzi ogni sera benedico quel tale che ha messo fine alle nostre angosce, portandoti via. Vedi cara, spero non la prenderai male, ma stiamo molto meglio ora, senza di te.