Lo smart working, ovvero il ‘lavoro intelligente’ che prevede flessibilità sul luogo e sugli orari di lavoro per i dipendenti, è già fra noi. Già da tempo è possibile anche registrare gli accordi di smart working tra lavoratore e datore di lavoro direttamente online, sull’apposita piattaforma messa a disposizione dal Ministero del lavoro e delle Politiche sociali. Sono lontani i tempi in cui parlare di lavoro agile e intelligente significava evocare strani scenari irreali, difficili da immaginare.
«Non si tratta di una moda, né di un fenomeno passeggero» ha commentato Carola Adami, fondatrice e CEO dell‘agenzia di ricerca e selezione di personale Adami & Associati. «Lo smart working è ormai una realtà, e gli stessi numeri relativi al 2017 lo dimostrano in pieno».
I numeri ai quali fa riferimento la head hunter sono quelli pubblicati recentemente dall’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, secondo i quali gli smart worker nel 2017 risultano in crescita del 14% rispetto all’anno precedente, nonché del 60% rispetto al 2013.
«L’universo degli smart worker è già una solida realtà, e gli studi ci dicono che questi lavoratori sono più produttivi e affrontano la loro quotidianità professionale con maggiore serenità» ha spiegato Adami, aggiungendo che «quello che resta da fare ora, piuttosto, è migliorare ulteriormente tutti gli strumenti atti ad assistere al meglio gli smart worker nel loro mondo digitale».
Secondo il Politecnico di Milano, se il 70% dei potenziali smart worker italiani passasse al lavoro agile, la produttività pro capite potrebbe aumentare del 15%. E questo non sarebbe un bene solo per i singoli lavoratori e per le singole imprese, ma anche per il ‘Sistema Paese’, in quanto quella produttività in più equivarrebbe a 13,5 miliardi di euro di benefici indotti per il Paese. E lo smart worker, inoltre, diminuisce gli spostamenti, inquinando di meno.