Investimenti nel settore giù del 52% al Sud – Negli anni di crisi 2007-2012 nel Mezzogiorno il peso del valore aggiunto manifatturiero sul totale dell’area è sceso dall’11,2% al 9,6%, attestandosi alla metà del Centro-Nord (18,9%). Giù anche il tasso di industrializzazione, che misura il numero di addetti nel settore ogni mille abitanti: nel 2012 al Sud è arrivato a 32,1 contro l’83,2 dell’altra ripartizione. In picchiata gli investimenti: -52%, più del doppio del Centro-Nord (-19,7%). Nel manifatturiero imprese al Sud sempre più micro – Nel Mezzogiorno le microimprese under 10 addetti impiegano circa il 40% degli occupati manifatturieri totali, contro il 24% del Centro- Nord. E scende ancora la dimensione media delle aziende: nel 2001 era di solo 28 addetti, pari al 77% di quella del Centro-Nord (36 addetti), dieci anni dopo è scesa a 25 addetti, pari al 67% del Centro-Nord (37 addetti). Secondo la SVIMEZ, tra le varie proposte per uscire dalla recessione e tornare a crescere è necessaria una nuova politica industriale specifica per il Sud, corsie preferenziali per accedere al credito all’export e a fondi di private equity, e misure aggiuntive per i contratti di rete. Per favorire l’attrazione di investimenti esterni all’area, nazionali ed esteri, occorrerebbe poter contare su forme di fiscalità di vantaggio. Per quanto riguarda la politica regionale, invece, andrebbero inserite nei POR 2014-2020 di tutte le regioni meridionali misure aggiuntive a favore dei “Contratti di rete”; rafforzati i fondi di private equity specifici per il Sud, poco diffusi nell’area; prolungato il Piano per il Sud 2013-2015 dell’ICE per la promozione delle esportazioni, ed esteso anche alle regioni meridionali non dell’Obiettivo Convergenza. Sul fronte del credito andrebbe sostenuto il processo di ricapitalizzazione delle imprese con l’istituzione di una Bad-Bank, che possa rilevare le partite in sofferenza, enormemente cresciute con la crisi, al fine di ridare elasticità ai bilanci bancari e porre le banche in condizione di riprendere a finanziare il sistema produttivo. Per favorire l’attrazione di investimenti esterni all’area, nazionali ed esteri, occorrerebbe poter contare su forme di fiscalità di vantaggio per compensare gli svantaggi competitivi che penalizzano il Sud rispetto ai paesi dell’Est Europa; paesi avvantaggiati da un più basso costo del lavoro, e che possono utilizzare liberamente i maggiori margini di libertà delle leve fiscale e monetaria.
Tutto ciò è quanto emerge dallo studio “Una politica industriale per il riposizionamento competitivo e lo sviluppo del Sud. Obiettivi e strumenti” di Riccardo Padovani, Grazia Servidio e Luca Cappellani, pubblicato sulla Rivista Economica del Mezzogiorno, trimestrale dell’Associazione edita da Il Mulino.
(fonte, Italpress)