“Dobbiamo dare alle pubbliche amministrazioni la possibilità di usare gli strumenti dell’economia collaborativa per creare servizi al cittadino, sfruttando la condivisione di beni e servizi che la PA ha già in essere e che può condividere con altri comuni o cittadini”. Così l’Onorevole Ivan Catalano, tra i firmatari della proposta di legge sulla sharing economy, intervenuto al Tavolo di lavoro sulla PA collaborativa di ieri a FORUM PA 2016. L’incontro è stato il primo momento discussione sull’articolo della legge riguardante l’applicazione dell’economia collaborativa nella pubblica amministrazione: esperti, tecnici, amministratori e operatori della sharing economy si sono confrontati al Forum per dare indicazioni utili al legislatore.
A raccogliere i contributi, insieme a Catalano, l’On. Veronica Tentori, prima firmataria della proposta di legge, aperta alla consultazione pubblica fino al prossimo 30 maggio. “Sulla pubblica amministrazione abbiamo lasciato la norma aperta proprio per aver lo spazio di ascoltare gli enti locali e trovare con loro lo strumento adatto, snello, flessibile e veloce che potesse non creare intoppi burocratici e rendere i comuni il più liberi possibile di condividere beni e servizi, a beneficio dei cittadini ma anche dei pubblici dipendenti” la posizione dei parlamentari intervenuti. A presiedere i lavori Gianni Dominici, Direttore di Forum PA: tra i discussant Mario Collevecchio, Presidente del Comitato Scientifico di Andigel, Francesco Raphael Frieri, Direttore Generale Risorse Europa Innovazione Istituzioni – Regione Emilia Romagna e Giovanni Formiglio dell’Agenzia del Demanio, che ha voluto partecipare al tavolo riconoscendo le potenzialità dell’economia collaborativa per la gestione del patrimonio immobiliare pubblico, “oltre 56 miliardi di euro la stima complessiva dei fabbricati e dei terreni dello Stato gestiti dall’Agenzia del Demanio”.
È indispensabile infatti il confronto con le presenze già attive sui territori: per questo al tavolo hanno partecipato alcuni dei principali attori delle esperienze di PA collaborativa più innovative. Dal Comune di Sarre, che con la sua Banca del Tempo condivide servizi con i propri cittadini, al Comune di Niscemi che ha avviato un progetto di condivisione di beni e servizi coi comuni limitrofi in un’ottica di controllo della spesa, ai casi CommunWEB di Trento, G.I.T. di Regione Umbria e Comune di Modena, esempio di condivisione orizzontale di piattaforme informatiche e buone prassi amministrative. Di fronte a un nuovo modello di società, già ampiamento contagiato da quella “febbre collaborativa” che ha l’aspetto delle tante piattaforme di sharing attive –da Airbnb a Kickstarter a Blabla Car– sono infatti tanti i piccoli comuni e le medie città che si stanno attrezzando a combattere costrizioni di bilancio e tagli con gli strumenti offerti dal nuovo scenario economico.
Molti gli spunti emersi: dalla richiestissima formazione, collegata alle opportunità esponenziali offerte dalla piattaforme peer-to- peer alla necessità di rivedere i processi di recruitment all’interno della PA, fino all’urgenza di individuare strumenti normativi più semplici delle Convenzioni in collegamento con l’immediatezza dello strumento “piattaforma”. Le parole chiave sembrano essere: semplificazione, standard tecnologici e normativi per la condivisione , attenzione e valorizzazione delle risorse umane che lavorano con approccio sharing; sviluppo di strumenti tecnologici, attenzione alle aree interne e ai piccoli comuni.
Ma quanto è pronta la PA a recepire le nuove istanze che provengono dalla realtà sociale ed economica? “Un recentissimo studio di Accenture” ha ricordato Gianni Dominici, Direttore di FPA in apertura “su “L’innovazione del settore pubblico (statunitense) al tempo della We Economy”, mette in evidenza come l’amministrazione sia – anche oltreoceano – ancora disallineata rispetto ai cittadini: sono l’87% i cittadini che si dicono favorevoli all’adozione dei modelli di sharing per la PA, ma meno della metà dei dirigenti pubblici afferma che ne prenderà in considerazione l’utilizzo nei prossimi 10 anni, pur riconoscendone gli effetti positivi”. Bisogna però rendersi conto che il mondo non è più quello di una volta, e la PA deve farci i conti: “siamo dei follower, non degli innovatori” la conclusione condivisa dal tavolo di lavoro.
Un percorso che procede velocemente, quello della legge sulla sharing economy: dopo la conclusione della consultazione on line, si aprirà un ciclo di audizioni, subito dopo le elezioni amministrative, e dopo una veloce fase emendativa si spera di arrivare in aula in autunno. È necessario dunque che la PA prenda atto della rapida trasformazione cui sta andando incontro. Una trasformazione accelerata dall’elemento tecnologico, ma della quale la vera benzina è la comunità locale, perché le reti connettono, ma sono le comunità a prendersi cura delle persone.
“La sharing economy – ha concluso Veronica Tentori – è soprattutto legata all’innovazione sociale, prima ancora che tecnologica. Per la PA questo significa rapportarsi non solo con gli operatori tecnologici ma con le esperienze già molto attive sui territori, che possono attraverso governance collaborativa lavorare con la PA sui servizi al momento insufficienti”.