Ministro dell’Istruzione che arriva, si sa, novità che partono. In genere, chi assume il ministero di via Trastevere mette mano alla riforma dell’esame di maturità. Stavolta, al netto di piccole variazioni apportate nella valutazione, l’esame di Stato avrà lo stesso impianto degli anni precedenti o meglio dell’era pre-covid. Un’importante novità per la scuola arriva, invece, per quanto riguarda l’assunzione dei nuovi professori. Il ministro Patrizio Bianchi ha illustrato quelle che sono le nuove linee per il reclutamento del corpo insegnante approvate dal consiglio dei ministri.
Il doppio canale
Attualmente per entrare di ruolo nella scuola gli insegnanti hanno una doppia possibilità: il concorso e le graduatorie. Il grande nodo dei concorsi, però, è che si svolgono a intervalli lunghissimi lasciando per diversi anni cattedre sfornite. La continua richiesta di supplenti per riempire questi vuoti consente agli aspiranti docenti di scalare le graduatorie fino al vertice e quindi all’agognato ruolo. Le regole illustrate dal ministro Bianchi prevedono di indire concorsi a intervalli brevi e di garantire una formazione continua per il personale docente e non solo.
Come funzionerà l’assunzione di nuovi professori nella scuola
I tre pilastri sui quali si basa le nuove regole per il reclutamento del personale della scuola sono: certezza dei percorsi, obiettivi e modalità chiari per la formazione dei docenti in tutto il loro percorso lavorativo, concorsi annuali.
Per l’abilitazione e l’accesso alla docenza nella scuola secondaria sarà necessario seguire un iter con tre step:
- un percorso abilitante seguito in ambito universitario che dia almeno 60 crediti formativi e si concluda con una prova finale
- un concorso pubblico nazionale che avrà cadenza annuale
- un periodo di prova in servizio con valutazione finale.
Il percorso abilitante si potrà seguire sia in concomitanza con quello universitario sia dopo la laurea (l’importante sarà conseguire i crediti richiesti) e sarà arricchito da un periodo di tirocinio nelle scuole. La prova finale comprenderà anche la simulazione di una lezione per verificare la capacità di insegnamento.
Una volta conseguita l’abilitazione, l’aspirante docente potrà accedere al concorso. La vera novità di questa riforma è che i concorsi avranno cadenza annuale. Coloro che superano il concorso vengono assunti con un periodo di prova per un anno al termine del quale ci sarà una valutazione che accerterà le competenze didattiche. Se la valutazione darà esito positivo allora si procederà con l’immissione in ruolo.
Coloro che insegnano da almeno 3 anni nella scuola statale hanno diritto all’accesso diretto al concorso. I vincitori dovranno poi conseguire i 30 crediti universitari e sostenere la prova di abilitazione per passare di ruolo. Quest’ultima misura vale solo fino a quando il nuovo sistema non sarà andato a regime.
La formazione continua
Altra novità riguarda la formazione in servizio dei docenti che diventerà continua. Si articolerà in modo da favorire l’acquisizione di competenze anche in campo digitale, così come previsto dal PNRR, per promuovere l’innovazione dei modelli didattici. La formazione, obbligatoria, si svolgerà durante l’orario lavorativo. Un ulteriore sistema di aggiornamento e formazione, dedicato sempre alla didattica innovativa, si svolgerà su base triennale in orario diverso da quello lavorativo. Tali percorsi potranno essere retribuiti dalle scuole se porteranno a un ampliamento dell’offerta formativa. Inoltre, i percorsi formativi svolti potranno tradursi in un incentivo salariale.
Una Scuola di alta formazione istituita contestualmente all’avvio della riforma si occuperà di adottare le linee di indirizzo in materia, di accreditare e verificare le strutture che erogheranno i corsi. La stessa Scuola si occuperà della formazione anche per i dirigenti e personale Ausiliario, Tecnico e Amministrativo.