Se noi “comuni mortali” dibattiamo sui risultati dell’ultima partita della nostra squadra del cuore, d’altro canto scoppia uno scontro tra Elon Musk e Jeff Bezos, rispettivamente il primo e il secondo uomo più ricco del mondo, per i propri satelliti spaziali.
Scontro Musk-Bezos sui satelliti in orbita
A innescare la miccia è stato il vulcanico imprenditore di Pretoria, che lo scorso aprile ha chiesto alla Commissione Federale delle Comunicazioni (Fcc) degli Stati Uniti l’autorizzazione a ridurre la quota di alcuni degli oltre mille satelliti di Starlink, la rete Internet spaziale di SpaceX, ai fini di una maggiore qualità del servizio. Ciò ha suscitato la piccata reazione di Amazon, da tempo al lavoro su un progetto concorrente denominato Kuiper System.
Space X e le sue accuse
L’agenzia spaziale di Musk ha bollato il Kuiper System come «un piano ancora nascente». Usando Guerre Stellari, il tutto sembra un “Sono più in alto di te, Anakin“, o per meglio dire: solo chi è già in orbita ha titolo per discutere delle altitudini dei satelliti secondo Space X. A rincarare la dose, proprio in risposta al cinguettio di Sheetz, ci ha poi pensato martedì Musk in persona: «Non è utile – ha scritto – compromettere Starlink oggi per un sistema di satelliti di Amazon che, alla meglio, richiederà diversi anni».
La risposta di Amazon
Naturalmente la replica di Amazon non si è fatta attendere subito pronta a contrattacare il nemico Space X: «Nonostante quello che SpaceX posta su Twitter, sarebbero proprio le variazioni proposte da SpaceX a minare la concorrenza tra i sistemi satellitari. È chiaramente nell’interesse di SpaceX asfissiare nella culla la concorrenza se ce n’è la possibilità, ma non è certamente nell’interesse pubblico».
Un disturbo nella forza
Amazon o SpaceX: a chi darà ragione la Fcc? Chi avrà la meglio in questo duello al sapor di Guerre Stellari? Lo si scoprirà soltanto in futuro. Però è bene notare come comunque non è la prima volta che Musk si scaglia pubblicamente contro la company di Seattle. Lo scorso giugno, per esempio, sempre su Twitter l’aveva definita «un monopolio da dividere».