Uno scisma nella Chiesa si sta consumando in queste ore. L’arcivescovo Carlo Maria Viganò è stato, infatti, accusato di scisma dal Vaticano. L’accusa gravissima arriva dopo anni di dichiarazioni pronunciate dal prelato nei confronti del pontefice.
Chi è Carlo Maria Viganò
83 anni, nato a Varese, ordinato presbitero nel 1968, in quasi sessant’anni di sacerdozio Viganò ha riscoperto diversi ruoli apicali in Vaticano tra i quali quello di nunzio apostolico in Nigeria e negli Stati Uniti. Le sue idee molto vicine alle tesi complottiste, le critiche sull’emergenza Coronavirus, l’appoggio a Trump lo hanno reso in breve tempo un punto di riferimento per l’ala più conservatrice della Chiesa. Il suo atteggiamento critico verso l’operato prima di Benedetto XVI e poi di Francesco gli avrebbero guadagnato il soprannome di sterminatore di papi.
Proprio contro papa Francesco, Viganò si scagliò all’epoca dello scandalo “Vatileaks” di cui fu uno degli autori. Il prelato accusò il pontefice di aver insabbiato le indagini sugli abusi sessuali perpetrati dal cardinale americano Theodore McCarrick. Accusa infondata considerato che le indagini sul caso furono tutt’altro che insabbiate e McCarrick fu cacciato da Francesco in persona.
L’apertura verso il mondo LGBT+ mostrata da Francesco è un altro punto di conflitto tra Viganò e Francesco. In una delle sue dichiarazioni pubbliche, in riferimento al documento Fiducia Supplicans sulla benedizione delle coppie omosessuali, l’arcivescovo parlò di “falsi pastori, servi di Satana a iniziare dall’usurpatore che siede sul soglio di Pietro“.
Lo scorso 20 giugno, il prelato è stato convocato per “per prendere nota delle accuse e delle prove circa il delitto di scisma di cui è accusato“.
Scisma nella Chiesa: cos’è
Cos’è uno scisma all’interno della Chiesa? Come suggerisce la sua etimologia, è una divisione all’interno della comunità. Secondo il Codice di diritto canonico, è generato dal “rifiuto della sottomissione al Sommo Pontefice o della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti“.
Nel caso del monsignor Viganò, la base dell’accusa sono le sue dichiarazioni che negano l’autorità di papa Francesco, mettono in discussione la comunione con lui e rifiutano il Concilio Vaticano II.
Nulla a che fare, dunque, con il rifiuto di principi di fede responsabili di reati quali l’eresia e l’apostasia. La conseguenza, però, è le stessa: la scomunica.
La scomunica esclude il battezzato dalla comunità dei fedeli e lo priva di tutti i suoi diritti derivanti dall’appartenenza alla chiesa. Primo fra tutti, quello di amministrare e ricevere i sacramenti. La benedizione è l’unico beneficio al quale può aspirare.
Può essere annullata se il fedele si mostra sinceramente pentito, riceve il sacramento della Confessione e fa richiesta di assoluzione dalla scomunica.
Come andrà a a finire?
Alla notizia dell’accusa, monsignore Viganò non si è mostrato preoccupato. Ha, invece, ribadito la sua posizione in netto contrasto con la “chiesa bergogliana”. Al momento la strada è quella del processo extragiudiziale ma il rischio della scomunica resta.
In copertina foto di Dominique Devroye da Pixabay