Scienza, scientismo, transumanesimo – Studio monografico a carattere esoterico è l’ultimo lavoro di Salvatore L. d’Ascia
Scienza, scientismo, transumanesimo – edito da Thiperet a dicembre 2021 – è il nuovo saggio di Salvatore Luca d’Ascia: a cavallo tra scrittura, medicina e filosofia. L’opera è snella, immediata, e reca la prefazione del filosofo Bonvecchio: recentemente discussa a Napoli, presso l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici conferma l’intimo rapporto tra i due pensatori, oltre che la collusione tra i diversi pensieri. Medico e scrittore, del resto, d’Ascia è noto per affrontare temi di grande attualità, ma sempre a metà strada tra la comunicazione empatica (opere di narrativa) e quella razionale (opere saggistiche) e senza escludere tratti simbolici e addirittura visionari.
La modernità che viviamo, del resto, impone proprio questo approccio eppure, questa volta, d’Ascia alza ancora l’asticella, indagando l’argomento forse più complesso dei tempi che viviamo: l’intoccabile scienza. Più specificamente, del resto, l’autore si confronta con il più recente figlio di tale mostro sacro, che è il trans-umanesimo: fenomeno a metà strada tra la filosofia e la militanza scientista. Si poteva affrontare questa sfida? Ebbene sì, l’autore lo dimostra, ma oltre ai numerosi spunti informazionali la tematica diviene più densa, poiché gli argomenti vengono messi a confronto con il tema mitico per eccellenza: la spiritualità. Il saggio è, insomma, un manifesto di cultura, un manifesto di ricerca, ma al tempo stesso appare un ponte: che sancisce un legame tra la filosofia tradizionale e il pensiero scientifico.
Intervista all’autore:
Partiamo dal titolo. Ci spiega che differenza c’è tra scienza, scientismo, e transumanesimo?
La scienza è un immenso continente. Lo scientismo è la degenerazione di una piccola frangia di quel continente. Il transumanesimo è il più fragile figlio – usando Sue parole – di entrambi gli argomenti. Ma più ampiamente: la scienza è sinonimo di cono-scienza, e lo scientismo è un tipo di ideologia, ovvero l’impropria sacralizzazione di una idea nell’improprio tentativo di imporla alla massa. Un innalzamento inopportuno, oltre che poco elegante, e quasi certamente fallimentare. Circa il trans-umanesimo, invece, posso affermare che è un pensiero deviato, un pensiero orfano, un pensiero ancora goffo: una frangia della scienza fuori dalla scienza, E al tempo stesso una frangia della filosofia fuori dalla filosofia.
La prefazione del suo saggio è del prof. Claudio Bonvecchio, accademico noto per i suoi scritti sulla tradizione esoterica. Che attinenza c’è tra l’esoterismo e i temi che tratta nel suo saggio?
Mi lego, ancora, alla Sua prefazione e ricordo di aver affermato più volte che senza il pensiero di Bonvecchio non ci sarebbe il mio. Il prof. Bonvecchio è un maestro, uno vero, ed è anche la dimostrazione vivente del legame che intercorre tra la scienza e la filosofia. Come me, del resto. Io sono uno scienziato che pratica la filosofia. Bonvecchio è un pensatore che rende la filosofia una scienza reale. Penso che la chiave di lettura per entrambi – il ponte, o meglio la soglia – sia proprio l’esoterismo: quell’insieme di insegnamenti che ogni giorno io provo ad emulare, che provo a comprendere, di cui gli sono grato.
L’esoterismo è oggi inteso, con un’estensione semantica non sempre opportuna, come qualcosa di rivolto all’interiorità, ma etimologicamente il termine indica “interno” ed era riferito agli insegnamenti che i filosofi ellenici riservavano ad uno stretto numero di allievi. Io mi ritengo uno di quei privilegiati: grazie allo studio di Bonvecchio ho potuto aprire la mente a continenti che non avrei approcciato prima.
In Scienza, scientismo, transumanesimo lei parla di individuo ridotto ad asettico automa. Ci può spiegare meglio a cosa si riferisce?
Un’ immagine del libro lo dimostra: è l’automa cavaliere di Leonardo da Vinci, il primo robot della storia. Era un’armatura, che il genio di Leonardo fece muovere con ingranaggi; si muoveva, si sedeva, piangeva. Oggi questa immagine è un simbolo, imperituro come ogni simbolo esistente, ma io lo voglio ricordare come un monito, perché a me ricorda un uomo: racchiuso nel suo guscio di metallo, ma mosso da qualcuno. Ridicolizzato in un balocco, troppo spesso privo di autonomo pensiero. Un uomo in corazza, che si crede invincibile, ma che deve ricordare che gli ingranaggi sono ferro ed il ferro si buca. L’uomo non dovrà mai essere un automa: è l’automa che deve essere un balocco. É l’uomo il padrone della tecnologia e mai dovrà essere il contrario.
Allargando il discorso alle sue opere precedenti, e si spera future, Lei è noto per la sua scrittura empatica e nello stesso tempo razionale. Ci può spiegare che differenza c’è tra questi tipi di scrittura?
In passato, soprattutto in sociologia e secondariamente in editoria, nacquero definizioni di scrittura come fiction e non-fiction, oppure indipendente (elitaria) e main stream (un po’ per tutti). Oggi, tuttavia, anche i più complessi studi di scrittura hanno abbandonato questa delimitazione… Rimane tuttavia un confine semantico per cui la scrittura empatica sarebbe quella che muove dalle corde ispirazionali: un romanzo, un racconto, qualcosa che l’autore probabilmente pensa e scrive di notte. La scrittura razionale, invece, è quella professionale: saggistica, giornalistica, informazionale – scientifica ovviamente – e insomma, tutta quella che si può realizzare con mezzi e volontà, ma anche senza ispirazione. Una scrittura lucida, insomma: pulita, riproducibile, meno giocosa e meno tragica, spesso fatta a più mani.
In realtà, tuttavia, i confini sono tesi, appunto teorici, ed il bello è proprio sconfinare. Io credo nella scrittura simbolica, nel realismo magico alla Marquez, nella saggistica in cui vi sia commistura di generi, così come nella commistura di pensieri e questo perché credo nella scrittura in generale e nel pensiero in generale. Il pensiero è qualcosa di stupendo. La scrittura è la mia forma di preghiera. In ogni caso è un po’ come le donne (e faccio presente che l’intervistatrice è donna): non esiste una bella, o una brutta…Sono tutte, sempre, meravigliosamente, bellissime.