(Adnkronos) – Sono le 23 del 3 dicembre quando a casa di Giuseppe Verolino, giovane cardiologo interventista in forze all’ospedale Auxologico San Luca di Milano, squilla il telefono. Quel giorno è in pronta disponibilità e sta guardando una serie tv con la moglie Giulia. Dalla struttura sanitaria lo avvisano che c’è una persona di 65 anni con “caratteristiche cliniche ed elettrocardiogramma” che suggeriscono “un infarto miocardico” in corso. A raccontare il resto della storia via social sarà lo stesso paziente, passata la paura del momento. “Mi hanno fatto un intervento al cuore e mi hanno salvato la vita. Mi hanno preso un po’ per i capelli“, dirà in un video Roberto Scarnecchia.
Vecchia gloria del calcio, oggi chef, salvato da due giovani medici. “E dal tempismo“, aggiunge all’Adnkronos Salute Verolino, 32 anni, originario di Salerno. Perché in questa storia “la prima scelta giustissima” è stata “attivare subito i soccorsi“, spiega. E a farlo è stato un altro giovane camice bianco, che con la fidanzata passava in piazza Duomo proprio mentre Scarnecchia si accasciava sui gradini. Avere un infarto miocardico significa che “un’arteria del cuore si occlude in maniera acuta e genera una sintomatologia“, spiega Verolino. In questi casi è opportuno “non attendere. La mortalità dell’infarto non operato“, infatti, “decuplica per ogni ora che quell’arteria rimane occlusa. E per noi cardiologi interventisti, quanto prima arriviamo, tanto più lineare può essere l’intervento. Come è stato nel caso di Roberto“. Durata dell’operazione?
“Trenta minuti, da quando abbiamo iniziato la procedura a quando l’arteria era di nuovo aperta“, riferisce il cardiologo. “E’ andata bene e, poiché l’intervento si svolge in anestesia locale, possiamo dire che Scarnecchia è stato un ottimo paziente, collaborante. Io e la mia équipe abbiamo fatto un lavoro di squadra e nel corso della procedura lo abbiamo tenuto al corrente di tutto“. Poi Scarnecchia è stato trasferito in Unità coronarica, “la nostra unità di alta intensività per i pazienti cardiologici. E il decorso che sta avendo lo dobbiamo a una serie di scelte corrette, anzitutto quella iniziale“, ripete Verolino. “Prima di andare via, quando sono andato a salutarlo, mi ha guardato e ha detto: ‘Vabbè doc, ma fra due ore esco?’“. Lo specialista ha sorriso e gli ha risposto: “Roberto, abbia pazienza“. —sportwebinfo@adnkronos.com (Web Info)