Anche gli oltre 6 mila minori stranieri non accompagnati presenti nelle strutture di accoglienza nel 2019, e i quasi mille arrivati nel 2020, hanno visto le loro vite travolte dalla pandemia di Covid-19, che si è aggiunta al percorso ad ostacoli che devono affrontare per una piena inclusione nel nostro Paese. Ragazzi, che nel periodo di lockdown, hanno vissuto sospesi in un limbo, come tanti coetanei italiani, senza avere nemmeno una rete familiare di sostegno. Ragazze e ragazzi, per lo più adolescenti, che in pochissimo tempo devono riuscire ad apprendere una nuova lingua, formarsi, rendersi autonomi dal punto di vista lavorativo e abitativo per non diventare invisibili una volta giunti alla maggiore età. I neomaggiorenni poi, a causa del Covid, hanno assistito inermi all’improvvisa interruzione dei loro percorsi di inclusione con la sospensione del lavoro o dei tirocini formativi, ritrovandosi privi di risorse economiche e con difficoltà di rinnovo o conversione dei permessi di soggiorno.
Una battuta di arresto piombata in un periodo già di per sé molto difficile, a causa di una sempre maggiore chiusura delle frontiere e di politiche europee e nazionali spesso non rispondenti a una esigenza di tutela dei diritti, a partire dal principio del superiore interesse del minore, che vanno dai respingimenti lungo la frontiera europea orientale alla chiusura dei porti del Mediterraneo.
I percorsi di inclusione messi a rischio dal Covid
In occasione della Giornata mondiale del rifugiato, che si è celebrata il 20 giugno, Save the Children, l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e garantire loro un futuro, e che da anni è al fianco dei minorenni e neomaggiorenni non accompagnati per supportarli nell’accoglienza e accompagnarli nel loro percorso di inclusione, presenta il Rapporto “Superando le barriere. Percorsi di accoglienza e inclusione dei giovani migranti”. Il rapporto fotografa la situazione in cui vivono questi ragazzi a tre anni dall’adozione della Legge 47/2017, che per la prima volta ha disegnato un sistema di protezione e accoglienza specifico, ma al contempo si propone di raccontare le difficoltà che stanno affrontando a causa dell’impatto dell’emergenza sanitaria legata alla diffusione del Covid-19, con particolare riferimento all’interruzione delle esperienze di inclusione avviate anche sulla base della Legge Zampa.
I minori stranieri non accompagnati in Italia
I bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze arrivati in Italia dopo aver lasciato il proprio Paese e affrontato un lungo e rischioso viaggio senza genitori o in generale senza alcuna figura familiare adulta di riferimento, quest’anno sono stati 948[1]. Alla stessa data dello scorso anno (10 giugno 2019) risultavano sbarcati 284 minori mentre, complessivamente, fino al 31 dicembre 2019 erano giunti via mare[2] 1.680[3], meno della metà di quelli registrati nel 2018 (3.536) e quasi un decimo di quelli arrivati nel 2017 (15.779).
Per quanto riguarda i minori stranieri presenti nelle strutture di accoglienza dedicate, al 31 dicembre 2019 erano 6.054[4], di cui 5.737 maschi (94,8%) e 317 femmine (5,2%), quasi la metà rispetto ai 10.787 del 2018 e un terzo rispetto ai 18.303 del 2017. Tra i minorenni presenti nelle strutture, l’87,6% ha tra i 16 e i 17 anni, i Paesi di provenienza sono prevalentemente Albania (27,7%), Egitto (8,8%), Pakistan (8,3%) e Bangladesh (8%), quasi del tutto scomparsi i minorenni che arrivano dall’Africa sub-Sahariana, a testimoniare il blocco delle partenze dalla Libia: nel 2018 erano per lo più gambiani (8,3%), guineani (7,4%) e ivoriani (7,1%). Tra le regioni che ospitano il numero maggiore di minorenni nel 2019 si conferma, come negli anni scorsi, in testa la Sicilia (19,2%), seguita da Lombardia (13,6%), Friuli Venezia Giulia (11%), Emilia Romagna (10%) e Toscana (7,6%).
Un altro discorso riguarda gli irreperibili, quei minorenni che si sono allontanati dalle strutture di accoglienza e che sono quindi scomparsi dal radar delle istituzioni, che risultano essere 5.383 alla fine di dicembre 2019, per lo più tunisini (16,4%), afghani (14,7%) ed eritrei (10,1%).
Per quanto riguarda le ragazze, nel 2019 erano 317 (pari al 5,2% sul totale dei minorenni non accompagnati) le presenti e censite nei centri di accoglienza dedicati, di cui il 66,9% di età compresa tra i 16 e i 17 anni. Nel 2018, erano 787, più del doppio, nel 2017 quasi quattro volte di più, con 1.247 presenze. Per quanto riguarda la nazionalità, sebbene ci sia stata una diminuzione nel corso degli ultimi tre anni, il gruppo maggioritario continua a esser rappresentato dalle ragazze originarie della Nigeria[5]: 24,3% nel 2019, 30,1% nel 2018 e 40,2% nel 2017, mentre si è registrato un progressivo aumento di presenze dall’Albania (16,1% nel 2019, 10,4% nel 2018, 6,7% nel 2017) e dalla Costa d’Avorio (11,7% nel 2019, 8,9% nel 2018, 7,9% nel 2017). Sono nettamente diminuite le ragazze eritree presenti nei centri di accoglienza negli ultimi tre anni (6% nel 2019, 19,2% nel 2018 e 18,7% nel 2017) e le somale (5,7% nel 2019, 7,2% nel 2018 e 7,9% nel 2017)”.
“L’attenzione rivolta alle condizioni dei minori migranti giunti in Italia, non può farci distogliere lo sguardo da quello che succede poco distante, sull’altra sponda del Mediterraneo. Le condizioni di vita di questi ragazzi nei Paesi di origine e di transito non sono migliorate. Questi giovani, a volte bambini piccolissimi, sono rimasti intrappolati in Libia, dove continuano a subire violenze e torture e, come ci riportano le cronache, continuano a mettere a rischio la propria vita in mare, spesso purtroppo perdendola, nel tentativo di fuggire da conflitti e povertà, perché non trovano altre alternative che affidarsi a trafficanti senza scrupoli per inseguire un miraggio di salvezza e di futuro” ha dichiarato Raffaela Milano, Direttore dei Programmi Italia Europa di Save the Children.
Il Rapporto “Superando le barriere. Percorsi di accoglienza e inclusione dei giovani migranti”. Le rilevazioni sui territori, l’applicazione della Legge Zampa
Tre anni fa è entrata in vigore la Legge 7 aprile 2017, n. 47, “Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati”[6], cosiddetta Legge Zampa, che ha rappresentato, in Europa, il primo disegno organico di un sistema nazionale di protezione di chi, da minorenne, migra privo di figure adulte di riferimento[7]. Tre anni dopo, il Rapporto analizza le prassi attuative in 19 città italiane, da Catania a Bolzano, con particolare riferimento alle procedure di identificazione dei minori stranieri non accompagnati, ai permessi di soggiorno, alle misure di accompagnamento verso la maggiore età e alle misure di integrazione di lungo periodo, ai diritti alla salute e all’istruzione.
L’indagine ha mostrato una situazione in chiaroscuro, con significativi passi avanti, ma con numerosi nodi ancora da sciogliere e con prassi ancora troppo differenti nelle diverse città monitorate, dove Questure, Tribunali ed Enti locali non hanno ancora una linea uniforme di intervento. A fronte del ritardo nell’adozione dei decreti attuativi della Legge 47/2017, si segnalano positivamente gli stimoli dati dalla legge verso il rilascio del permesso di soggiorno per minore età, così come verso l’istituto della tutela volontaria (al 31 dicembre 2018 risultavano iscritti negli elenchi istituiti presso i Tribunali per i Minorenni 3.029 tutori volontari e attive 3.189 tutele) .
“L’istituzione su tutto il territorio nazionale della figura dei tutori volontari ha rappresentato – ha aggiunto Raffaela Milano – una delle innovazioni più significative della legge, creando dei legami di prossimità e di sostegno fondamentali tra i minori soli e figure adulte di riferimento che oggi svolgono un ruolo essenziale nel loro processo di crescita. I tutori volontari hanno dimostrato di essere una risorsa fondamentale del sistema di accoglienza e protezione ed è necessario sostenere attivamente il loro impegno”. I tempi di rilascio dei permessi e della stessa nomina di un tutore risultano, tuttavia, in diversi territori ancora molto lunghi. Inoltre, piuttosto difformi appaiono ancora le prassi riguardanti le procedure di accertamento dell’età, rispetto alle quali peraltro si attende l’adozione di un Protocollo olistico multidisciplinare, e le misure di accompagnamento alla maggiore età, quali la conversione del permesso di soggiorno e il prosieguo amministrativo. Non sempre è garantita l’iscrizione a scuola dei ragazzi e in diversi territori sono stati registrati casi in cui anche l’iscrizione al Servizio sanitario nazionale non viene assicurata prima del rilascio del permesso di soggiorno, come invece previsto dalla legge.
Se dunque la legge ha indubbiamente fatto compiere importanti passi avanti nella tutela dei diritti dei minori stranieri soli, molto resta ancora da fare per rendere questi diritti effettivamente assicurati su tutto il territorio nazionale.
I neomaggiorenni
L’emergenza sanitaria scoppiata lo scorso marzo e che ha messo in crisi l’intero Paese, è andata a incidere su questo scenario, determinando problematiche relative al successo dei percorsi di integrazione, tutti interrotti alla luce delle misure emergenziali di contenimento del Covid-19. La pandemia di Covid-19 non solo ha inciso in termini economici, tanto sui ragazzi, quanto sulle imprese ospitanti, ma ha anche rischiato di incrinare la costruzione del legame sociale e relazionale che è alla base del successo del percorso di integrazione. Alcuni provvedimenti del governo sono intervenuti a fronteggiare le criticità relative alla scadenza dei permessi di soggiorno, ad ogni modo resta aperta la necessità di definire il possibile riavvio dei percorsi formativi e lavorativi e, allo stesso tempo, sostenere i ragazzi neomaggiorenni usciti dalle comunità nelle necessità più immediate.
Il numero dei neomaggiorenni che hanno dovuto affrontare queste difficoltà è considerevole: è sufficiente pensare che alla fine del 2017 erano oltre 16.000 i ragazzi tra i 15 e i 17 anni, oggi 18enni, ospiti delle strutture di accoglienza secondo le rilevazioni del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali[9].
La survey Covid-19 e neomaggiorenni
Dal 28 maggio all’11 giugno l’Organizzazione ha condotto una survey qualitativa con l’intenzione di raccogliere l’opinione di decine di ragazzi con background migratorio, giunti in Italia da minorenni, e supportati presso i centri CivicoZero (Roma, Milano, Torino e Catania)[10]. Le domande che gli operatori hanno posto loro hanno tentato di mettere in luce le conseguenze e le ricadute dell’emergenza sanitaria su questi ragazzi, relativamente a difficoltà e bisogni, materiali ed emotivi.
Nel corso dell’emergenza sanitaria, alcune disposizioni adottate dal Governo hanno riguardato, direttamente o indirettamente, i minorenni stranieri non accompagnati, ma hanno mancato di prevedere indirizzi puntuali per garantire la loro protezione e il godimento dei loro diritti.
Sono mancate infatti indicazioni chiare in merito all’accoglienza e agli spostamenti. L’onere di gestire la situazione è ricaduta sui singoli educatori delle comunità, nel 75% dei casi sono stati loro a fornire ai ragazzi qualche spiegazione, nel 6,3% gli assistenti sociali.
Nella prima fase, ciò ha determinato l’adozione di prassi per cui, a seguito dell’allontanamento dei minorenni stranieri non accompagnati dalla comunità, quest’ultima ne ha impedito fisicamente il rientro. Le restrizioni sono continuate in alcune comunità anche durante le fasi successive. Rispetto ai ragazzi che vivono in comunità, quasi uno su quattro di quelli intervistati ha dichiarato di non aver ricevuto indicazioni in merito alle regole da seguire in quarantena. Un ragazzo ha raccontato “c’era solo un foglio con scritte le regole, ma per leggerle devi sapere l’italiano. Erano scritte solo in italiano”.
L’emergenza sanitaria ha provocato la brusca interruzione dei percorsi di inclusione dei minorenni stranieri non accompagnati e dei neomaggiorenni, essendo di fatto impossibile garantire la prosecuzione dei tirocini lavorativi, così come dei corsi di lingua e di formazione professionali. Il 25% dei ragazzi intervistati ha dichiarato di avere avuto problemi con i documenti durante il periodo di quarantena, problemi dovuti in egual misura per mancato ottenimento del parere ai fini della conversione, per impossibilità di parlare con la rispettiva ambasciata o perché non si è stati ascoltati per raccogliere i documenti ai fini della conversione (33,3% per ciascuno dei tre motivi). Prima dello scoppio della pandemia di Covid-19, il 70% dei ragazzi intervistati stava lavorando, mentre il restante 30% stava svolgendo un tirocinio formativo.
Nel 78,4% dei casi, i ragazzi hanno dovuto sospendere le attività lavorative e formative e, di questi, ben il 63,2% ha dichiarato di non essere riuscito a ricevere un aiuto economico e il 21,6% ha dichiarato di aver riscontrato problemi per la firma di un nuovo contratto di lavoro o per rinnovare quello precedente. Alcuni ragazzi hanno spiegato “perché durante la quarantena il mio contratto di lavoro è scaduto e non so se me lo rinnoveranno” o “perché il posto in cui lavoravo ha chiuso” o, ancora, perché “hanno ridotto il personale a causa dell’emergenza”. Ma c’è anche chi ha utilizzato questo periodo di fermo forzato per coltivare le proprie passioni: “Ho avuto tempo per dedicarmi alla fotografia migliorando la mia conoscenza” o “durante questa quarantena ho iniziato a disegnare e ho avuto degli ottimi risultati”.
“Alla luce dei risultati emersi dai sondaggi e dalle rilevazioni, sollecitiamo il Governo a dare piena attuazione ai decreti attuativi della Legge n. 47 del 2017 sulla protezione dei minori stranieri non accompagnati. Va inoltre incoraggiato, compatibilmente con il rispetto delle misure sanitarie di protezione, il riavvio dei tirocini, dei contratti lavorativi attraverso progetti mirati verso settori di impiego dove oggi può esistere una effettiva prospettiva di inserimento lavorativo. L’auspicio è che questo rapporto contribuisca a offrire un quadro delle principali sfide che oggi abbiamo di fronte per dare piena attuazione ad una legge, la 47/2017, che ha collocato l’Italia all’avanguardia nella tutela dei diritti dei minori migranti. Allo stesso tempo, speriamo che la lettura del testo e delle testimonianze raccolte aiuti a mettere a fuoco gli interventi da attivare in questa fase così difficile, per consentire ai minori e ai neomaggiorenni giunti in Italia da altri Paesi di poter continuare i percorsi di autonomia, costruire il proprio futuro e contribuire attivamente allo sviluppo delle comunità in cui vivono” ha concluso Raffaela Milano.