Da molti anni si dice che l’Italia non è un “paese per bambini”, ma a questo punto, dopo qualche decennio di lento declino, sembra quasi diventato un paese in cui l’infanzia è “a rischio di estinzione”.
Dai tempi del baby boom ad oggi la rotta sembra infatti essersi clamorosamente invertita: una marcia indietro che ha travolto la curva demografica e l’ascensore sociale, sempre più in caduta libera e che rischia di trascinare il futuro delle giovani generazioni e del Paese intero.
In 15 anni in Italia la popolazione di bambine, bambini e adolescenti è diminuita di circa 600 mila minori e oggi meno di un cittadino su 6 non ha compiuto i 18 anni. E nello stesso arco di tempo è dilagata la povertà assoluta, con un milione di bambine, bambini e adolescenti in più senza lo stretto necessario per vivere dignitosamente.
Infanzia “a rischio estinzione”. I dati
L’eredità è un paese in cui la percentuale di Early School Leavers raggiunge il 13,1% (a fronte della media europea del 9,9%) e quella di NEET – giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano, non studiano e non sono inseriti in alcun percorso di formazione – raggiunge il 23,3% (media europea 13,7%).
Anche l‘ambiente in cui vivono è piuttosto compromesso: più di un minore su cinque in Italia (il 21,3% del totale) abita in città inquinate, in un paese dove vi sono oltre 4 autovetture in circolazione per ogni minore.
La fotografia scattata nella XII edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio, dal titolo “Il futuro è già qui”, diffuso a pochi giorni dalla Giornata mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza da Save the Children è quella di giovani generazioni su cui non si è investito a sufficienza.
La pubblicazione, a cura di Vichi De Marchi ededita da Ponte alle Grazie, racconta un’Italia ogni giorno più vecchia, ingabbiata nelle diseguaglianze sociali, economiche e geografiche, in cui i minori sono sempre più poveri, non vengono considerati come il capitale più prezioso per il futuro del paese, non vengono ascoltati.
Eppure ragazze e ragazzi sono sempre più interessati ad essere protagonisti della vita politica e delle decisioni che li riguardano e la pandemia sembra averli resi ancora più consapevoli della necessità di prendere provvedimenti di fronte alle sfide più significative che dovremo affrontare nei prossimi anni.
Infanzia “a rischio estinzione”, l’indagine
Secondo i dati dell’indagine commissionata a IPSOS su “I giovani e la cittadinanza scientifica”, pubblicata all’interno dell’Atlante di Save the Children, infatti, circa 1 adolescente su 3 pensa che invecchiamento della popolazione, energia sostenibile, diminuzione delle emissioni inquinanti e diseguaglianze socio economiche, siano i principali temi che la scienza dovrà affrontare tra dieci anni.
Nonostante credano nella scienza, nella maggior parte dei casi non ricevono il supporto necessario per farne un indirizzo di studi: il 15% non crede di proseguire gli studi al termine delle scuole superiori e non frequenterà l’università e il 33% di quanti invece si iscriveranno a un ateneo, certamente non opteranno per un indirizzo scientifico.
Sono solo 8 ragazze su 100 a puntare per esempio su una facoltà di ingegneria, rispetto a 30 ragazzi su 100. Interrogati sul futuro dopo la pandemia, il 50% di loro pensa che il proprio avvenire economico rispetto a quello dei genitori sarà uguale o peggiore e il 54% afferma che anche la qualità della propria vita sarà uguale o peggiore di quella dei propri genitori.
La povertà
La povertà assoluta – sottolinea l’Organizzazione – ha visto una crescita continua negli ultimi 15 anni, ed ha registrato una lieve frenata solo nel 2019, con l’entrata in vigore del reddito di cittadinanza.
Poi, nel 2020, con l’arrivo della crisi innescata dalla pandemia, la corsa della povertà assoluta è ripresa, e su una platea di 3 milioni di individui beneficiari del reddito di cittadinanza, 753 mila sono minorenni.
La povertà non è l’unico indicatore da guardare per misurare lo stato di salute dei minori nel paese: le diseguaglianze sociali, economiche e geografiche sono sempre più marcate e le opportunità di sviluppo molto diverse a seconda del luogo in cui si nasce o si cresce.
Le diseguaglianze e la povertà educativa si sperimentano infatti sin dalla primissima infanzia. In Italia solo un bambino su 7 (14,7%) usufruisce di asili nido o servizi integrativi per l’infanzia finanziati dai Comuni.
In Italia
Il dato molto basso cela enormi differenze nell’offerta territoriale, causa ed effetto di grandi diseguaglianze: in Calabria solo il 3,1% dei bambini ha accesso al nido, opportunità offerta invece al 30,4% dei bambini che nascono nella provincia di Trento.
La spesa media pro capite (per ogni bambina o bambino sotto i 3 anni) dei Comuni per la prima infanzia è di 906 euro ciascuno, con divari che vedono arrivare la spesa a Trento a 2.481 euro e scendere in Calabria a 149 euro.
Né il divario riguarda solo la prima infanzia. Anche crescendo, le disuguaglianze non spariscono: in Italia solo il 36,3% delle classi della scuola primaria usufruisce del tempo pieno, con forti disparità sul territorio, con la provincia di Milano in testa, con una copertura del 95,8% delle classi, e quella di Ragusa fanalino di coda, con appena il 4,5% di copertura.
Le diseguaglianze sociali si traducono non soltanto in mancanza di opportunità educative per milioni di bambini ma anche nell’impossibilità di soddisfare esigenze basilari: già nel 2019 l’indagine Eu-Silc Eurostat certificava in Italia un tasso di povertà alimentare delle bambine e dei bambini tra 1 e 15 anni del 6%.
La sfida ambientale
Crisi climatica, rischio ambientale, Green Deal europeo sono ormai entrati nella narrazione quotidiana trasformando parole e inquietudini che fino a poco tempo fa erano appannaggio di una ristretta cerchia di esperti, in un allarme globale.
L’Unione Europea ne ha fatto uno dei pilastri del PNRR e i giovani continuano a scendere in piazza sotto la spinta di Greta Thumberg e degli altri leader del movimento Friday For Future.
I ragazzi ormai non abitano più le città ma i loro “contenitori”, come la casa, la scuola, i luoghi dello sport e quelli della famiglia. Hanno scarsa mobilità, hanno perso la dimensione urbana e vivono in una sorta di bolla di sicurezza che non li porta lontano da casa, con il rischio, per molti, di vivere segregati in periferie prive di opportunità.
In Italia, sono quasi 2 milioni i minori (il 21,3% del totale) che vivono in aree inquinate e dove, nel 2020, circolavano oltre 4 autovetture per ogni minore residente. Sempre nel 2020 sono stati iscritti all’anagrafe 404.104 nuovi nati e immatricolate 1.437.259 vetture, 3,5 per ogni nuovo nato.
La sfida della cittadinanza scientifica
L’inedita indagine IPSOS realizzata per Save the Children sulla “Cittadinanza scientifica – opinioni e attitudini dei giovani relative alla scienza ai tempi del Coronavirus” mostra la grande consapevolezza dei giovani del ruolo della scienza. Circa 8 su 10 pensano che la scienza sia basata su dati e non su speculazioni e sia orientata al bene comune e non all’interesse di pochi.
Quasi 9 su 10 pensano che studiare materie scientifiche serva a capire meglio il senso di quello che ci circonda e l’87% dichiara di apprezzare abbastanza o molto le materie scientifiche, con un maggior gradimento dei ragazzi (92%) rispetto alle ragazze (81%). Solo il 7% delle ragazze vorrebbe iscriversi alle facoltà di matematica e fisica, rispetto al 16% dei ragazzi.
Oggi – secondo le ragazze e i ragazzi intervistati – i temi da affrontare per la scienza sono la pandemia (54%), la lotta al cancro (38%), lo smaltimento dei rifiuti (32%), la produzione di energia sostenibile (31%) e la fame nel mondo (29%).
Pensano dunque ai grandi temi, i giovani, e alla domanda su chi sentono che rappresenti meglio le loro idee per il futuro della società, la fiducia ricade sulle ONG e le organizzazioni di volontariato (35%), i movimenti come Friday for Future o Black Lives Matter (27%), meno sugli influencer (19%) e solo per il 10% su alcuni partiti politici.
Si tratta di giovani che intendono impegnarsi e hanno voglia di fare, una tendenza che va al di là delle affermazioni di opinione.